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Una storia spezzina

Una storia spezzina

Pronti a difendere lo Stato, ma il marcio si è fatto strada lo stesso

di Alberto Scaramuccia

Piazza della Loggia, Brescia

La storia, ricostruzione del passato fondata su documenti, è cosa diversa dalla memoria di chi riesamina cose che gli sono accadute. Tuttavia, anche i dati forniti dalla memoria individuale possono essere delle tessere del grande mosaico se li si considerano nella loro soggettività, prodotti dall’elaborazione personale.
Negli ultimi tempi, contrariamente all’abitudine, nella rubrica ho fatto ricorso ai sentimenti provati in momenti particolari vissuti dal nostro Paese in tempi abbastanza prossimi.
Ho detto dell’affaire Moro, dico oggi dell’attentato di Piazza della Loggia a Brescia.
Lì il 28 maggio 1974 si tenne una manifestazione contro il terrorismo nero che al pari di quello rosso infestava la vita quotidiana. Una bomba di almeno 1 chilo di esplosivo, occultata in un cestino portarifiuti deflagrò alle 10,12 provocando la morte di 8 persone cinque delle quali erano aderenti al Sindacato Scuola della Cgil, quello cui ero iscritto. Vi furono anche 102 feriti. Dopo un lunghissimo procedimento la Giustizia riconobbe come responsabili alcuni neofascisti aderenti a Ordine Nuovo.
L’attentato fu un ennesimo anello di quegli anni bui. Li definirono poi “di piombo” ma s’inserivano nella cornice tetra della strategia della tensione, un piano eversivo contro l’equilibrio costituzionale. Vivevamo aspettando il nuovo morto o il gambizzato o il fatto grave, ma sempre pronti a difendere la Repubblica nell’unità delle forze che si riconoscevano nella Costituzione.
Per questo, anche qua alla Spezia fu imponente la manifestazione di protesta contro la strage di Brescia: un corteo di bandiere di tanti colori che percorse le vie cittadine per esprimere lo sdegno contro un atto tanto vile. Il timore che avrebbe potuto ripetersi anche qua, non fermò la protesta.
Non era il primo corteo cui partecipavo, neppure sarebbe stato l’ultimo. Però, lo ricordo in modo particolare perché meno di un mese prima quello del 1 maggio non aveva raccolto l’identica partecipazione. Ci andarono molte meno persone nonostante la “sacralità” della festa del lavoro. In quel maggio io ci fui entrambe le volte, testimone oculare. Sull’occupazione già allora c’erano problemi ma tutti sentirono di più la minaccia che veniva portata contro lo Stato e con la loro presenza mostravano di essere pronti a difenderlo.
Ho ripensato spesso negli anni a seguire alla protesta per Piazza della Loggia e mi sono sempre chiesto se ne era valsa la pena visto il degrado in cui la Repubblica precipitava con la corruzione in continuo aumento, il malaffare imperante, le belle parole a coprire il marcio.
È vero. Noi credevamo.

ALBERTO SCARAMUCCIA