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Una storia spezzina

Una storia spezzina

Centocinquant’anni fa moriva il progettista dell’arsenale

di Alberto Scaramuccia

Piazza Domenico Chiodo

Come faccio da sempre quando ricorrono le feste comandate, mi sarebbe piaciuto dedicare la puntata odierna alla fiera che è un appuntamento imperdibile per più motivi: c’incastra la tradizione, c’entra il dato economico e poi, soprattutto, non si dimentichi la porchetta. Purtroppo, a Fea del 2020 sarà ricordata come quella su cui pendeva la minacciosa spada di Damocle del coronavirus.
Ho preferito perciò lasciar perdere il pianto sconsolato del bimbo cui sfugge di mano il palloncino per cercare nelle cronache del passato qualche altro spunto per riempire la pagina.
Tornato indietro dei canonici cento anni, mi sono fermato su una pagina de Il Tirreno proprio del 19 marzo che si occupa di una ricorrenza importante non celebrata. Ricordando che a tutta la stampa locale la Fiera desta poco interesse, i gravi problemi del Paese prevalgono su ogni altro argomento, la lamentela del quotidiano spezzino è dovuta alla dimenticanza che proprio in quel San Giuseppe cadeva il cinquantenario della scomparsa dell’ideatore dell’Arsenale Domenico Chiodo, dimenticanza che fa il paio con il centenario della nascita di Vittorio Emanuele II parimenti sfuggito all’attenzione il precedente 14 marzo.
Dunque, nel 1920 erano 50 anni dalla scomparsa di Chiodo e se allora la cifra era quella, oggi sono 150: chi se l’è ricordato?
Ma qua conviene dire del contenuto di quell’articolo anche perché almeno su questa pagina si ricordi la persona che con la sua capacità progettuale ha di fatto dato vita ad una Spezia prima inesistente. La biografia del Generale è lunga e dettagliata, dalla formazione ed i primi studi fino alla malattia contratta in Africa che lo portò alla morte non ancora quarantasettenne.
Ma qua voglio soffermarmi soprattutto su un piccolo paragrafo in cui si dice che nell’aprile 1860 “ministro e ingegnere compivano la recognizione sul colle dei Cappuccini ed avevano la visione del nostro grande arsenale”.
È una questione tormentata perché, come ho già più volte detto, esistono due fonti che sostengono cose diverse. Per questo e in mancanza di altra documentazione, ho detto che non è impresa facile asserire quale sia la verità e che prudenza storiografica suggerirebbe di limitarsi ad esporre le due ipotesi esistenti.
Non mi ripeterò qua ora, ma questo articolo de Il Tirreno mi pare ugualmente importante perché mostra per quale strada si sia affermata la versione che vuole Cavour e Chiodo insieme: nel 1904 Formentini la nega, sei anni dopo Mazzini benedice le due versioni, ora la si ne accredita. Erano tempi confusi, servivano punti fermi per dare stabilità anche emotiva.

ALBERTO SCARAMUCCIA