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Luci della città

Il Rojava non è solo

di Giorgio Pagano.

Iraq, Mexmur: il popolo curdo (2015)

Recep Tayyp Erdogan, il Sultano, ha avuto il coraggio di battezzare la nuova operazione di massacro del popolo curdo “Fonte di pace”. La precedente la chiamò “Ramoscello d’olivo”. Quanti nomi scellerati sono stati dati, nel tempo, dai dittatori e dai guerrafondai, a interventi militari fintamente mascherati da azioni di solidarietà o anti terroriste…
Il ritiro delle truppe statunitensi dalla Siria stabilito dal Presidente Donald Trump ha dato il definitivo via libera ad una guerra che era preparata da tempo. Trump è ormai delirante, ma nella sua follia c’è della lucidità: a lui non importa nulla né dei curdi né del mondo, ma solo di vincere le prossime elezioni, dicendo agli americani: “Non spendo più soldi per fare il gendarme in Medio Oriente, ora mi occupo di voi”.
Dobbiamo ribellarci a questa infamia. I curdi sono stati in prima linea contro l’Isis, hanno difeso la nostra sicurezza con il loro esercito, che ha un bellissimo nome: Ypg, Unità di Protezione Popolare. Hanno fatto prigionieri migliaia di terroristi, che ora rischiano di tornare liberi. Non possiamo accettare ciò che ha deciso il Sultano: cacciare i curdi dalle loro terre, sterminarli, per poi ripopolare il Nord Est della Siria con i rifugiati siriani arabo-sunniti e con i jihadisti. Per impedire ai curdi di avere un loro Stato, avremo un fenomeno migratorio che coinvolgerà milioni di persone; e al posto dello Stato curdo uno Stato islamico protetto dal Sultano.
Non possiamo accettare che sia colpita l’unica democrazia che c’è in Medio Oriente, che sia cancellato ciò che di più simile ai nostri valori migliori esiste in quella parte del mondo: la comune del Rojava rappresenta in Medio Oriente il primo progetto politico basato sul confederalismo democratico, sull’autodeterminazione delle persone, sulla lotta al patriarcato, sull’ecologismo. L’autonomia del Rojava è l’utopia di un altro mondo possibile, dove l’interculturalità, una differente relazione tra gli uomini e le donne ed il rispetto della madre terra vengono costruiti giorno dopo giorno. Il Rojava è la dimostrazione che non dobbiamo rassegnarci alla barbarie del presente.
L’Europa non può voltarsi dall’altra parte, tradirebbe i valori su cui è nata e su cui può risorgere. Nel 2016 ha ceduto al ricatto di Erdogan: “Mi tengo io, non importa come e dove, i rifugiati siriani, voi europei pagatemi a suon di miliardi”. Fu già grave allora accettare il ricatto, oggi sarebbe imperdonabile.
Ed è pazzesco ricordare che la Turchia è una nostra alleata, è un membro della Nato che si fa beffe di noi ed affonda il coltello in un ventre straordinariamente molle.
E’ positivo che il Ministro degli Esteri Luigi di Maio abbia dichiarato di voler proporre nel prossimo Consiglio dei Ministri dell’Unione europea di lunedì 14 ottobre un embargo alle forniture di armamenti verso la Turchia. Iniziamo intanto noi a sospendere immediatamente i trasferimenti di armi ed attrezzature militari dall’Italia, come hanno fatto altri Paesi europei. Nel 2018 l’Italia ha autorizzato vendite di armi alla Turchia per 350 milioni di euro: la Turchia è il terzo Paese di destinazione del nostro export bellico. Non è vero che non possiamo fare nulla. L’Italia e l’Europa non sottovalutino la loro forza: hanno mezzi politici ed economici per intervenire.
Quanto a noi cittadini, facciamo quello che possiamo fare: documentiamoci, leggiamo, scriviamo, organizziamo incontri pubblici, manifestiamo ad alta voce il nostro pensiero.
O Erdogan viene fermato in Rojava, o saremo sempre più sotto i suoi ricatti.

Post scriptum: le foto pubblicate oggi sono state scattate da Marco Rovelli a Mexmur, nel Kurdistan iracheno.
Sulla questione curda rimando all’articolo su questa rubrica “Aiutiamo le vittime, non i carnefici” (8 aprile 2018); e su www.associazioneculturalemediterraneo.com a questi testi:
Di resistenza in resistenza – Giorgio Pagano e Marco Rovelli;
Marco Rovelli presenta “La guerriera dagli occhi verdi”