“Una campagna pubblicitaria come quella contenuta in questa immagine è esattamente ciò che non deve farsi per la promozione dei nostri luoghi. Soprattutto quando, piaccia o meno, essi sono già conosciuti e il richiamo di nuovi turisti, oltre a soffocare lo spazio dei residenti, costringe i visitatori a ingressi contingentati, a lunghe prenotazioni e delusioni, lasciandoli aggrappati alle sbarre (quelle della Scala dei Turchi qualche giorno fa sono state addirittura divelte)”. Lo ha scritto sul suo profilo Facebook Vittorio Alessandro, ex presidente del Parco nazionale delle Cinque Terre, facendo riferimento all’immagine promozionale della Via dell’Amore che pubblichiamo qua sotto.
Un intervento a difesa della specificità del luogo che più di tutti incarna suo malgrado l’equivoco che da sempre grava sul territorio del Parco delle Cinque Terre, a metà tra le iniziative di tutela ambientale e quelle per lo sviluppo del turismo. Due aspetti che faticano a trovare un equilibrio e che sono legati alla particolarità dell’area del Parco, ovvero quella di essere fortemente antropizzata e, in qualche modo, resa unica proprio dalla presenza storica delle sue comunità.
“La Via dell’Amore, pur bellissima, non è affatto – come dice il richiamo pubblicitario – un “simbolo di bellezza e romanticismo”.
“La Via dell’Amore, pur bellissima, non è affatto – come dice il richiamo pubblicitario – un “simbolo di bellezza e romanticismo”.
Meglio andarci piano con i simboli – prosegue Alessandro – perché a conoscerli e custodirli sono gli abitanti del luogo: coloro che attraverso quel sentiero (artificialmente creato) si sono spostati da un borgo all’altro per lavoro, per amore o per il semplice desiderio di camminare sul mare. I lucchetti chiusi, in quantità da ferramenta, nelle ringhiere della Via dell’Amore, sull’onda dell’incommentabile libro di Federico Moccia, imbrigliarono già il sentiero (li feci rimuovere), imponendone la visita agli innamorati, veri o presunti.
Non ci sono, però, luoghi in cui bisogna immancabilmente recarsi, perché vi nascano intorno rivendite di cineserie, friggitorie e negozi di cappellini con logo.
Questa arroganza del viaggio produce spaesamento e imbruttisce i luoghi. Toglie significati simbolici, piuttosto che affermarli”, conclude Alessandro.
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