Per decenni il porto della Spezia ha costruito la sua efficienza e credibilità, sulle capacità di una catena logistica integrata, unica nel suo genere, certo in Italia, frutto di un coordinamento operativo fra i terminal portuali e il retroporto di Santo Stefano Magra.
Sul retroporto gruppi imprenditoriali spezzini hanno investito quasi 50 milioni nell’ultimo quinquennio dando vita a una realtà basata su un coordinamento funzionale, per molti aspetti irripetibile, che ormai da anni è oggetto di comprensibile attenzione da parte di altri scali marittimi e di altre realtà logistiche ancora alla ricerca di formule vincenti. E sul retroporto si basa un mega progetto di Zona logistica semplificata oggi maturo e pronto a produrre ricchezza e occupazione.
Sarebbe sufficiente questa considerazione per esprimere un “no” all’inseguimento di altri schemi che si basano su corridoi che sposterebbero merce e container, ma anche occupazione e produttività efficiente, in interporti e aree logistiche lontane. E la comunità portuale della Spezia lo fa con forza e decisione, dichiarando: “Giù le mani da retroporto di Santo Stefano Magra”.
“Leggiamo – affermano gli operatori più rappresentativi della comunità portuale – di nuovi accordi con interporti lontani, accordi che dovrebbero rilanciare, non si sa bene come, l’industria spezzina mentre nella sostanza mirano a svuotare il porto di funzioni e operatività. Siamo i soli a continuare a proporre con forza il vero interporto naturale del porto della Spezia, quello di Santo Stefano. È venuto invece il momento – proseguono gli operatori – di attuare quelle azioni risolutive, attese da anni, atte a valorizzare a pieno il ruolo di Santo Stefano Magra come polmone naturale del porto, ma anche come vera e propria cittadella della logistica e luogo dove molti operatori spezzini hanno messo il centro della propria attività”.
Secondo la comunità portuale spezzina oggi si contrappongono corridoi doganali, che impoveriscono il tessuto economico del territorio e riducono i posti di lavoro, a un retroporto che è luogo di creazione di valore aggiunto, dove innovazione significa creare ricchezza e occupazione per il territorio, in contrapposizione con l’idea di un porto dove la merce e i container transitano veloci senza produrre alcun valore aggiunto, idea che sotto il falso mito della digitalizzazione viene periodicamente riproposta senza avere contezza di contribuire ad arrecare un danno economico al porto e a tutto il suo indotto.
“Sulla funzione del retroporto, sulla sinergia con il porto e sul progetto della Zls – concludono i portavoce della comunità portuale – saremo attenti e propositivi ma anche inflessibili con chi rischia di creare danni irreparabili all’economia del nostro porto e del nostro territorio”. La Zona logistica semplificata è in sostanza alternativa ai corridoi doganali che hanno l’obbiettivo di trasferire la merce e quindi ricchezza altrove.