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L’attuale diesse del ravenna lo conosce bene

Grammatica racconta Esposito: “A 18 anni mi colpì per personalità. A Spezia può esaltarsi”

Andrea Grammatica

Dopo una lunga trattativa lo Spezia ha annunciato l’acquisto di Salvatore Esposito, ex capitano della Spal pronto a dare una mano a mister Luca Gotti e alle Aquile per la seconda e decisiva parte di stagione. Dopo essersi affermato come uno dei migliori prospetti del campionato cadetto, per il centrocampista di Castellammare di Stabia è giunto il momento di misurarsi con la Serie A, probabilmente al momento giusto dopo la gavetta di cui è stato protagonista, che lo ha portato anche ad esordire in Nazionale con il CT Roberto Mancini. Ma che ragazzo è Salvatore Esposito? A raccontarlo è uno spezzino, Andrea Grammatica, direttore sportivo del Ravenna, che accolse il centrocampista nella squadra ferrarese nel 2018, quando era direttore sportivo della formazione Primavera, permettendogli di spiccare il volo e iniziare a scrivere la sua storia.

“Era stato lasciato dall’Inter, dove aveva giocato come il fratello. Noi gli abbiamo fatto subito il contratto e il primo anno in cui ero alla Spal ha giocato nel campionato Under 19, in una squadra molto forte in cui diversi giocatori ora giocano tra A e B”, inizia a raccontare Grammatica, ricordando i primi tempi di Esposito in maglia biancazzurra. “Li abbiamo gestiti come una prima squadra: la società aveva fatto investimenti, i giocatori erano di livello ed Esposito era quello che aveva più personalità, più carattere, aveva il piglio del giocatore vero anche se era appena maggiorenne. Questa cosa ci ha colpito. Fece sei mesi di grande livello, mettendosi in luce con giocate fuori categoria, ma non trovò spazio in prima squadra, anche per la competizione nel ruolo visti i vari Valdifiori, Schiattarella… Ma quando si allenava con loro si vedeva che sarebbe arrivato a certi livelli”.

Arriva in Serie A al momento giusto?
“Sì. Il suo ruolo è molto particolare, in Italia difficilmente si dà responsabilità ad un giovane giocando davanti la difesa. Ci arriva attraverso un percorso giusto. Mi ricordo quando era agli inizi alla Spal e tra dicembre e gennaio mi chiese di andare a giocare con i grandi. Tentennai, pensavo che alla lunga avrebbe trovato spazio in prima squadra, ma la sua ambizione era quella di mettersi subito in gioco. L’abbiamo mandato in prestito al Ravenna, dove fece un grande girone di ritorno, prendendo in mano il centrocampo nonostante la giovane età. Grazie a questo percorso l’anno dopo è tornato alla base con più consapevolezza. È un giocatore di grande personalità, non ha paura, vuole sempre la palla e gioca sotto pressione. È uno di carattere e ha anche un bel piede, visto quello che ha dimostrato di saper fare da calcio da fermo”.

La personalità è l’aspetto che l’aveva colpita maggiormente?
“Sì, una personalità importante, un carattere molto esuberante. Quando vedi un ragazzo così giovane con le idee chiare e che vuole bruciare le tappe rimani colpito. Al di là delle doti tecniche, questo aspetto, questo coraggio nel volere sempre la palla prendendosi le sue responsabilità, ci ha colpito. Ma è una cosa che ha nel sangue, è una sua dote”.

Lo Spezia è lo step giusto?
“Secondo me sì. Gotti, per come l’ho conosciuto io, è una persona di grande equilibrio. Ha esperienza, ha lavorato molto con i giovani e può completare al meglio Salvatore. Poi arriva in una piazza in cui sono nato, in cui sono cresciuto calcisticamente e mi piace che un giocatore che ho avuto modo di conoscere possa arrivare nella squadra della mia città. Penso che sia lo step giusto perché quella spezzina è una piazza di grande calore, con un tifo legatissimo alla squadra e conoscendo Salvatore, che è un ‘calciatore da Sud’, in una condizione di questo genere può esaltarsi”.

Caratterialmente che ragazzo è?
“È un ragazzo che vive di calcio, è molto competitivo e non accetta assolutamente la sconfitta. Caratterialmente in campo si sente, penso abbia il carattere giusto per Spezia. Quando c’è da entrare in scivolata non si tira indietro, quando deve fare una giocata per trascinare la sa fare. In campo ha queste peculiarità”.

Si ricorda un aneddoto particolare?
“È sempre stato un giocatore esuberante ma sempre pro squadra. Un giorno mi venne a parlare perché un suo compagno di squadra più piccolo non era a posto con il materiale sportivo. E me lo fece presente con grande veemenza, cosa che mi fece capire come nonostante fosse giovane pensasse già in un’ottica di squadra. Atteggiamenti così li vidi in pochi giocatori, uno di questi era Vito Grieco. Poi ricordo quando lo mandammo in prestito al Ravenna. Secondo me doveva ancora completare il percorso di crescita che stava facendo a Ferrara, ma ad un certo punto era diventato difficile da non accontentare. Era un’esperienza che voleva fare, che si sentiva addosso. Discutemmo più volte, poi lo accontentammo perché la sua voglia di bruciare le tappe era davvero tanta. E riuscì a mettersi in mostra”.

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