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Una storia spezzina

Una storia spezzina

I grandi vari che portarono sul Golfo avventori da tutta Italia. E alberghi, ristoranti e trattorie facevano affari d’oro

La Tribuna Illustrata celebra il varo dell'Andrea Doria

Nonostante le difficoltà situazionali le maestranze spezzine, specie nella navalmeccanica, crescono nella loro professionalità raggiungendo livelli che le portano alla pari delle inglesi, il massimo termine di confronto del tempo. Lo si vede nell’epoca dei grandi vari, le corazzate il cui battesimo delle onde certifica la continua evoluzione costruttiva. Dal Sardegna (1890) passando per il Roma del 1907 e il Conte di Cavour dell’11 fino all’Andrea Doria del ‘913, ogni varo è un grande evento mediatico né sembri strano questo aggettivo per l’epoca. È immensa, infatti, la platea che si riversa sulle sponde del Golfo attirata dalla maestosità dell’evento, nome legittimato dalla presenza del Sovrano: Umberto prima, Vittorio Emanuele poi.

L’entrata in acqua della nave da battaglia celebra la potenza militare sul mare che il giovane Regno d’Italia nel suo primo mezzo secolo di vita ha raggiunto ponendosi ai primi posti fra le potenze europee. Il varo, inoltre, è anche un grande avvenimento mondano, un must che non si può perdere, pena il declassamento sociale. Così non ci si stupisce se sulle rive del Golfo arrivano da ogni dove del Bel Paese, ogni mezzo è buono per essere presente: dal treno, non si contano le corse straordinarie predisposte per l’occasione, alle navi che arrivano da Genova e da Livorno. Ma nel ’13 si arriva a contare la presenza di ben cinquecento autovetture: quando la macchina era ancora un superlusso, qua se ne concentrano tutte quelle centinaia.

L’ampio successo delle manifestazioni è certificato anche dai dati delle presenze: alla Spezia i posti letto sono introvabili, tutto prenotato, così che gli ultimi arrivati, sprovveduti, sono dirottati alle Cinque Terre o nelle altre località vicine. Con gli albergatori, anche ristoranti e trattorie fanno affari d’oro: viene così tanta gente che non c’è da dar da mangiare a tutti, le provviste si esauriscono in fretta. Non è che gli avventori mangino troppo; è che per assistere al varo, per poter dire quel giorno c’ero anch’io vengono in una quantità che trova la ristorazione impreparata per un’affluenza del genere. Il successo è figlio di più cose: la ricerca scientifica, l’evoluzione tecnologica, gli investimenti nel settore che sono corposi perché senza risorse non si può sperimentare. Ma è anche, forse soprattutto, il trionfo della cantieristica spezzina. Si pensi che il Cavour entra in acqua esattamente un anno dopo essere stato impostato nello scalo. Grande performance, solo i cantieri britannici sono capaci di simili exploits che qua vengono eguagliati.

 

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