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L'intervista al n. 1 dello spezia

Alla scoperta di Sarr: “Sono un perfezionista, più sai e più ti si apre la mente. E la camminata sui rigori mi porta vantaggi”

Il nuovo portiere dello Spezia parla a Città della Spezia a poche settimane dal suo arrivo: "Tutti mi hanno sempre parlato bene di questa piazza, arrivata l'opportunità l'ho colta subito"

Sarr

È sorridente e con tanta voglia di dimostrare il suo valore Fallou Sarr (“Mouhamadou è troppo formale”, ci racconta, ndr). Il nuovo portiere dello Spezia si è già messo in mostra nelle prime due sfide ufficiali della squadra di D’Angelo, a Salerno in Coppa Italia e soprattutto a Pisa, dove con diverse ottime parate ha aiutato la squadra a portare a casa un punto significativo. “Per noi è importante dimostrare che ci siamo, ci teniamo tanto”, racconta a Città della Spezia.  “Il primo impatto con lo Spezia è stato molto positivo. Ho avuto la fortuna di incrociare tantissimi giocatori che hanno giocato qui nella mia carriera. Da Umar Sadiq passando per Nura, fino ad Okereke con cui sono stato per tanti anni a Cremona. Mi hanno parlato molto di questa piazza, del suo contesto e dell’ambiente, e una parte di me è sempre stata attratta, perché da quello che sentivo mi ispirava molto. Quando si è presentata l’opportunità ho accettato subito, sembrava fatto apposta. L’impatto è stato positivo, le aspettative sono state ripagate. È un bell’ambiente, le persone sono professionali, tranquille, cordiali, fa tanto”, spiega il portiere.

Dopo un anno complicato a seguito della rottura del legamento crociato in allenamento, il portiere è tornato in campo sul finale della scorsa stagione, sempre con il sorriso sulle labbra e pronto ad imparare da ogni vicissitudine, senza mai abbattersi: “Sono una persona positiva, anzi, proattiva”, racconta. “Mi focalizzo sul problema, su quello che c’è da fare per ottenere un risultato. Mi sono rotto il ginocchio, che piaccia o non piaccia il ginocchio è rotto. Mi faceva ridere leggere tutti i messaggi e le chiamate che ho ricevuto dopo l’infortunio, tant’è che ho fatto un video su Instagram, dove non sono molto attivo, in cui spiegavo che era successo ma avrei fatto tutto il necessario per tornare al mio livello. Il concetto è semplice, quello che è successo è successo, l’unica cosa che serve è capire cosa fare per ottenere ciò che vuoi e in quel caso era tornare il prima possibile. Avere una mentalità proattiva verso il risultato finale è quello che ti può aiutare, lamentarsi non porta a niente, anzi. Così facendo rafforzi una mentalità negativa, mentre per una cosa che non va ce ne sono tante altre che invece vanno. Dunque perché focalizzarsi solo sul negativo? È successo, non puoi farci niente, è un processo di causa-effetto. Non è che vedo il bicchiere mezzo pieno, è che il bicchiere è così e va riempito”, prosegue Sarr. “Ovviamente non mi romperei di nuovo il ginocchio (ride, ndr). Infortunarti, paradossalmente, ti può dare molto di più di quanto ti toglie. Capisco che sia un discorso che possa sembrare assurdo e quando ne parlo la gente mi guarda strano. Farti male ti permette di capire come funzioni. Oggi sono un giocatore che lo scorso anno ha giocato contro lo Spezia all’andata ma che ora ha un bagaglio molto più ampio. Oggi come oggi non sono ancora al top del mio potenziale, se riesco ad applicare quello che ho imparato in quel periodo sono sicuro di riuscire ad alzare di molto il mio livello. Il mio obiettivo è dare il maggior contributo alla squadra, che sia parando tutto o facendo solo una parata, fare una battuta nello spogliatoio, cinque minuti in più in campo a fare tecnica. A livello personale so cosa fare, la cosa difficile è metterla a disposizione dei tuoi compagni”.

Sarr

 

Far tesoro delle esperienze è una cosa fondamentale per Sarr, portiere molto competitivo e che cerca sempre il modo di migliorarsi: “Io sono un perfezionista, in tutto ciò che faccio. Il calcio mi prende più tempo a livello di quotidianità, mi piace molto curare i dettagli e studiare il gioco. Non sono mai soddisfatto, ma in senso positivo. Credo si possa sempre alzare il livello, anche un’uscita fatta bene si può migliorare. È una catena in cui se riesci a curare ogni piccolo dettaglio diminuisci i pericoli del 70-80% e capisci bene che in un campionato arrivare a questi numeri ti aiuta tanto. Studiare ti permette di vedere il gioco a rallentatore”, racconta, prima di concentrarsi su una delle sue peculiarità: le uscite. “Uscire oggi come oggi è molto complicato. Il pallone è cambiato, i calci sono cambiati. Dieci anni fa i palloni erano più pesanti e più leggibili, oggi per l’effetto che c’è puoi andare in tilt nelle letture. So che è difficile per me ma è anche difficile per i difensori, se riesco a dargli una mano in più mi fa piacere e tutti prendiamo fiducia. Chiudi l’azione dell’avversario e puoi respirare, hai qualche secondo di calma”. L’arrivo allo Spezia ha portato qualche modifica nel modo di giocare di Sarr, che ora ha modo di cercare maggiormente la verticale per servire direttamente gli attaccanti, una caratteristica che lo esalta: “A Cremona c’era un gioco molto di possesso palla da dietro per poi attaccare in avanti. Allo Spezia io creo lo spazio da dietro, ma se c’è l’opportunità di andare in avanti ci si va subito. Cremona era una costruzione da difesa a centrocampo e poi attacco, qui invece se l’attaccante può fare male andiamo subito lì. Siamo più verticali, ma allo Spezia un portiere si diverte perché può passare a fare il regista puro: mettere la palla all’attaccante per fare un assist è molto divertente. Noi subiamo il 99% della partita, poter essere attivi in quelle zone è fantastico. Fare un assist sarebbe una goduria senza pari, bisogna capire il gioco e le caratteristiche dei compagni. Giocare con una punta strutturata è diverso da giocare con uno che va in profondità, sono palloni diversi da distribuire. Se ad esempio viene Pio a prendere il pallone so che devo giocare in un modo, se c’è Di Serio capisco che fa il movimento per andare subito in profondità e quindi il mio calcio deve essere diverso”. 

Ma nelle prime uscite a rubare l’occhio di Sarr, oltre alle buone uscite e le belle parate con reattività, è stato il curioso ‘balletto‘ sulla linea di porta di Salerno, dove ha provato a destabilizzare Boulaye Dia e i tiratori della squadra di Martusciello durante la serie di rigori. Un movimento che il portiere ci tiene a spiegare: “A Salerno mi sono innervosito molto, perché questa camminata sulla linea che faccio durante i rigori mi ha sempre portato vantaggi. Il fatto che sia andato vicino al rigore di Dia ma non l’abbia respinto mi ha fatto innervosire, per quel discorso che facevamo prima sul fatto di essere perfezionisti. L’anno scorso ho affrontato due rigori, uno l’ho parato e uno no, ma anche gli anni prima qualcosa ho sempre parato, perché questo movimento destabilizza gli avversari e me l’hanno detto anche i miei compagni quando ci alleniamo. Devo perfezionare questa cosa per renderla ancora più efficace, ma in genere funziona, non è fatta a caso”, racconta. “Se guardi i portieri di Serie A e non solo, in tanti fanno queste cose: Szczęsny si mette in ginocchio, Bounou fa tre-quattro passi e si tuffa, Skorupski si è inginocchiato prima del tiro lo scorso week-end e ha parato il rigore all’Udinese. Le statistiche parlano chiaro: il rigore è la massima punizione, il vantaggio è per chi tira, non per chi para. Il 70% dei rigori finisce in gol, da portiere devo fare qualsiasi cosa per prendere un po’ di vantaggio e devo capire che cosa in quel momento può servirmi. In una partita può aiutare una cosa, ma in quella dopo magari no. Il rigore è molto visivo, quando le emozioni sono così alte puoi fare brutti scherzi e anche muovere un braccio può fartelo sembrare più lungo e decidere di cambiare tiro. Dal dischetto non sei lucido, se ti trovi davanti uno che si muove, che cammina, che salta… puoi andare in inganno”. 

Mouhamadou Fallou Sarr

 

Pochi giorni alla prima in casa dello Spezia, che sabato affronterà il Frosinone e che vedrà Sarr esordire sotto la Curva Ferrovia. “Sono molto curioso di giocare al Picco. Da quando sono arrivato me ne parlano tutti, quindi ho proprio voglia di giocare in questo clima. Mi sembra di aver capito che la squadra sia parte della città stessa, il calore di uno stadio fa tanto per la squadra”, conclude, prima di spendere alcune parole sulla nuova città: “L’ho ancora visitata poco, giusto un paio di giorni mentre facevo le visite. Posso dire però che vivere in una città con il mare è una delle cose più belle che possano esistere, è un piacere della vita. L’aria che respiri, vedere la gente con il costume andare verso la spiaggia, è bello, mi piace tanto. Ho trovato persone tranquille, rilassate, mi piace questa cosa. Ho trovato solo persone gentili, cordiali e disponibili. Mi piacerebbe studiare la storia della città, mi piace farlo e piano piano studierò le cose artistiche e culturali del posto, perché sono sicuro ne abbia molte. Mi piace molto sapere le cose, perché più sai più ti si apre la mente, in ogni campo”. 

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