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Entrambe le associazioni hanno presentato osservazioni al mase

Progetto Panigaglia, Legambiente: “Ministero pretenda Via”. Posidonia: “Nei documenti palesi contraddizioni”

Rigassificatore di Panigaglia

Ieri Legambiente La Spezia ha recapitato al ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica una serie di osservazioni al progetto di Gnl Italia per il terminal di Panigaglia. “Progetto che Gnl Italia definisce eufemisticamente di «ammodernamento e adeguamento». In realtà si tratta di un vero e proprio ampliamento produttivo, per certi versi simile al progetto presentato, sempre da Gnl Italia, nel 2007 e sul quale la Regione Liguria negò l’intesa con il governo, facendolo di fatto decadere – si legge in una nota dell’associazione ambientalista -. Il ‘nuovo’ progetto prevede un ampliamento della capacità di rigassificazione del terminal da 2,5 miliardi di metri cubi a 4,7, l’arrivo di navi metaniere molto più grandi (anche se Gnl Italia dice che saranno numericamente minori), il rifacimento degli approdi del terminale per consentire, appunto, questi attracchi, la realizzazione di un dragaggio dei fondali antistanti il terminal fino a 1.900.000 m3 (!) di prelievo di sedimenti, con la loro collocazione sia nei fondali stessi, lontano dal terminal, sia in ipotetiche vasche di colmata per i nuovi attracchi”.

“Legambiente è contro questo progetto – proseguono dall’associazione – così come fu contro al progetto del 2007 e ci auguriamo che gli enti locali (Comune di Porto Venere ma soprattutto Regione Liguria) replichino l’atteggiamento tenuto a quel tempo e che quindi anche su questo progetto venga negata l’intesa con il governo. Le motivazioni sono chiare: in un momento storico in cui le energie da fonte fossile vengono messe al bando, e la stessa Unione Europea prevede per il 2030 l’abbattimento delle emissioni climalteranti fino al raggiungimento, nel 2050, della
neutralità climatica, favorire progetti come questo significa prendere una direzione anacronistica. Oltretutto non è vero che questo progetto sia strategico per il sistema paese: se analizziamo gli andamenti dei consumi di gas anche nell’ultimo anno, quindi successivo alla crisi energetica dettata dalla guerra in Ucraina, vediamo come i consumi siano calati anche oltre il 10%! Gli stessi dati dimostrano che l’Italia è paese esportatore di gas (!) e che gli ampliamenti quindi rappresentano in primis una strategia commerciale di Snam (sulla pelle della comunità spezzina). Infatti, per quello che attiene la sicurezza in un golfo attraversato da navi e natanti di qualsiasi tipo (militari, commerciali, vaporetti, naviglio privato), pensare di portarvi natanti di 140.000 m3 aumenta esponenzialmente il rischio; oltretutto in un impianto che, essendo a rischio di incidente rilevante, non sarebbe più ammissibile come collocazione nel caso lo si realizzasse al momento odierno”.

Proseguono da Legambiente: “I dragaggi che Gnl Italia vuole realizzare proprio per favorire l’arrivo di queste navi più grandi sono esorbitanti, insistono in un territorio marino con le caratteristiche sopra ricordate, e si vanno a sommare ai dragaggi previsti sia dall’Autorità Portuale per approfondire i fondali a scopo commerciale, sia dalla Marina Militare per il cosiddetto progetto Basi Blu che serve ad adeguare la base militare navale agli standard Nato. Non vengono fatti studi sugli impatti cumulativi che tutte le problematiche ambientali sopra ricordate genereranno, e anche la stessa valutazione di incidenza per la vicinanza a Zone speciali di conservazione non ha tenuto conto dell’impatto potenziale sulle Zsc che tutelano fondali (come quella di Palmaria e Tino)”. Per l’associazione “ce n’è abbastanza per dire che questo progetto non deve passare, e che comunque non può essere considerato senza una vera Valutazione di impatto ambientale che a questo punto il ministero dell’Ambiente deve pretendere e prescrivere a Gnl Italia” e, scrivono ancora da Legambiente, “ribadiamo che comunque si dovrà arrivare nei tempi più brevi possibili alla dismissione del sito, come del resto anche la stessa relazione ambientale del progetto prende in considerazione, a pag 65”. Le osservazioni sono state trasmesse anche ai gruppi consiliari delle varie amministrazioni “perché riteniamo che siano in primis gli enti e i gruppi politici che rappresentano la comunità a dover vigilare affinché certi procedimenti autorizzativi garantiscano la massima trasparenza e perseguano l’obiettivo del raggiungimento del minimo rischio possibile in base a tecniche e procedure le più rigorose. Ci auguriamo quindi che le istituzioni tutte respingano questo tentativo e che si esprimano in maniera contraria a questo progetto”.

Sempre dal fronte ambientalista, osservazioni sono state inviate a Roma anche da parte dell’associazione Posidonia. “La prima tratta della presentazione al ministero di queste ‘integrazioni’ a un progetto resuscitato che risale al 2010, dell’emergenza climatica in atto, del calo dei consumi di gas e, soprattutto, della pericolosità e del rischio attentati terroristici che grava sul golfo, già saturo di impianti pericolosi, per la sola presenza dell’impianto – scrivono da Posidonia in una nota illustrativa -. Non solo il terminale non va né rimodernato né adeguato per consentire l’arrivo di metaniere di capacità doppia delle attuali, fino a 145.000 m3 di Gas Naturale Liquefatto, ma va programmata la sua dismissione anche nel rispetto della transizione energetica, assolutamente necessaria per salvare il nostro paese, anzi, il nostro pianeta, dagli effetti del cambiamento climatico”.
Nella seconda parte si fanno osservazioni più tecniche e puntuali “mettendo in evidenza anche palesi contraddizioni e infingimenti – proseguono dall’associazione – che compaiono nei documenti presentati dalla società per chiedere la verifica di assoggettabilità a Via. In particolare si sono esaminate la vicinanza a centri abitati e a siti naturalistici importanti che potrebbero essere toccati anche dalla dispersione dell’enorme mole di sedimenti che andrebbero dragati, la ricaduta di emissioni inquinanti rilasciate nell’aria, in particolare monossido e biossido di azoto e monossido di carbonio, e il traffico di metaniere, dannoso e inquinante ovunque ma ancor più internamente al Santuario Pelagos”.
Nelle conclusioni poi l’associazione esprime “l’assoluta contrarietà non solo a lavori che porterebbero a un consolidamento dell’impianto ma al suo stesso permanere nella baia mentre dovrebbe andare progressivamente a dismissione nel rispetto anche degli accordi firmati nel 1994 tra il Comune di Porto Venere e la società Snam”.

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