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Si spera nell'arrivo degli italiani

Cinque Terre, una stagione tra piogge, tariffe e mugugni. E ora nei fine settimana ci sono meno turisti che negli altri giorni

Monterosso d'estate

Ebbene sì: è arrivata. È scoppiata tardi l’estate, anche alle Cinque Terre. La stagione ha ingranato lentamente, tra i mugugni degli operatori di settore, i mugugni dei residenti e i mugugni dei villeggianti: non c’è gente, anche oggi piove, c’è afa, è troppo caro, è troppo caldo. Il mare è stato agitato per molti giorni, le barche sono state ferme. “Dai che tra poco arrivano gli italiani”, si sente dire al molo di Vernazza, per farsi forza. Dopo tante piogge di giugno, ora la terra è già secca. A detta dei vignaioli, la vigna ha molta peronospera, molto più del solito e questo fa preoccupare. Si tratta di una malattia della pianta che si è presentata alle Cinque Terre alla fine dell’ ‘800. Si sviluppa quando c’è una stagione umida.

Il rassicurante rumore delle ruote dei trolley nel dedalo a saliscendi dei bed and breakfast rassicura sulle presenze, ma il dato è visibile a occhio nudo: il passaggio rispetto agli altri anni è ridotto. Certo, sciamano in gruppi compatti i crocieristi a orari tutti uguali, dietro a guide dal marcato accento italiano che talvolta si lasciano scappare bizzarre invenzioni (la statua del Gigante rappresenta Atlante che regge il mondo, le Cinque Terre sono dieci,…); i turisti scattano foto ai gelati in primo piano sull’orizzonte glauco per poi talvolta buttarli nel cestino senza mangiarli; serve personale di sicurezza per indirizzare i viaggiatori verso le uscite dalle stazioni e controllare che non scattino selfie oltre la linea gialla, col treno in arrivo. Ma c’è meno affluenza.

Il ristorante che a Monterosso ha sempre mantenuto il giorno di chiusura il giovedì ha deciso di rimanere chiuso il sabato: “C’è più gente in settimana”. All’ora di pranzo a Riomaggiore si trova facilmente un tavolino per sedersi. Un gruppo di amici in treno esprime soddisfazione per Corniglia, l’underdog dei borghi della riviera: “Come si sta bene qui nelle sere infrasettimanali dopo il lavoro. È comodo da Spezia”. Sempre a Monterosso, pur arrivando dopo le 9 si trova l’ombrellone libero in prima fila: “Grazie al costo maggiorato per la posizione in riva, che non a tutti interessa”.
Il mare ha mostrato sinora un perenne mantello di schiume e bolle. La vexata quaestio degli impianti di depurazione anima le conversazioni, a cui si alternano i dubbi sulla tariffa maggiorata dei treni:
“Mio padre è proprietario di seconda casa, ha l’abbonamento ridotto, ma hanno detto che mia madre non può giovarne. O forse lei non ha capito. In ogni caso, nel timore di sbagliare ha fatto il biglietto a 10 euro”.

Lo spauracchio della transizione energetica anima le banchine: la colonnina di ricarica elettrica al molo di Monterosso ricorda che i tempi cambiano e cambieranno, così come cambia e cambierà il turismo; cambiano e cambieranno anche i gozzi.
Oggi il mondo è qui: sono vestiti tutti uguali gli escursionisti mentre molte villeggianti portano il sari. La moda tra i ragazzi è transnazionale: calze di spugna e ciabatte e l’immancabile smartphone in mano. Spariti i balletti di Tik Tok, oggi “scrollano” con lo sguardo sperso nel feed, per poi correre a cercare una palla, una pagaia, un po’ di musica dopo la mezzanotte. Molti adulti, invece, hanno sviluppato un braccio-cineoperatore e camminano riprendendo con il cellulare il paesaggio, scontrando le persone senza guardare in avanti.

Qualche amante del vintage cerca una cassetta postale per spedire delle cartoline.

L’estate è tempo di analisi e attese. L’Attesa con la maiuscola riguarda la riapertura della Via dell’Amore, ormai prossima. Quella via che era nota localmente come “Strada Neva”, ovvero “strada nuova”, torna nuova per davvero, moderna e contemporanea. Ci vorrà del tempo per coniugare il ricordo con la contestualità e le esigenze attuali. A Manarola attraverso A Pie’ de Campu Experience è tornata in evidenza una poesia del 1992, scritta da Angelo Riccobaldi e contenuta nel libro “Di chi ti è figiu?” scritto da Annetta Riccobaldi. Dieci quartine con chiosa finale che fanno sorridere e riflettere: nella voce in dialetto c’è l’origine, il monito alla fragilità del territorio, l’appetibilità estetica. Il componimento comincia con la costruzione della strada:
A Via de l’Amu / ch’a va a Rimazu / i l’han fata cui brasi, / de tera e de sasi. La Via dell’Amore / Che va a Riomaggiore / L’han fatta con le braccia / Di terra e di sassi. Sensa na rüspa / Che l’agia scavà / Sensa ministri / Ch’i l’agian ruspà. Senza una ruspa / che l’abbia scavata / senza ministri / che l’abbiano raspata.
Termina con un’immagine a cui mancano soltanto i cellulari tesi: Ma a Via de l’Amu / a ciasa ai turisti / Ciasa ai pitü / e ai povei cristi. Ma la Via dell’Amore / piace ai turisti / piace ai pittori / e ai poveri cristi. Arsa da u sö / cota da u sä / sansa fiu / con gli arbaaspa. Arsa dal sole, / cotta dal sale, / senza fiori, / con le agavi.
E cusì coma lè lasciamola sta’. E così com’è lasciamola stare.

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