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Luci della città

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Il corpo di Thomas ci chiede di non voltarci

Manifestazione studentesca negli Stati uniti d'America (Archivio Giorgio Pagano)
Manifestazione studentesca negli Stati Uniti d'America, 1968 (Archivio Giorgio Pagano)

Le venticinque coltellate che domenica scorsa hanno ucciso Christopher Thomas Luciani in un parco a pochi passi dal lungomare di Pescara non sono state sferrate per recuperare un debito di appena 240 euro. No, il motivo per cui due sedicenni hanno ucciso un loro coetaneo è un altro. Il giudice che ha disposto il carcere per i due ragazzi lo ha riassunto così: desideravano “provocare sofferenza e uccidere un essere umano”. Volevano “cagionare sofferenza e morte”. Dopo pochi minuti i due indagati sono andati a fare il bagno. Nello stabilimento balneare viene scattata una foto, neppure un’ora dopo il delitto. Si vede uno dei due indagati, in spiaggia, in posa: sguardo fiero e il pugno chiuso sul petto. Un selfie dopo l’omicidio, dopo aver fatto insieme al complice “battute scherzose e irridenti verso la vittima”, come dirà un testimone. Tutta la compagnia, sia i ragazzi che dopo avrebbero denunciato sia quelli che sono rimasti in silenzio, sapevano che il corpo di Thomas era rimasto tra le sterpaglie, ma “siamo andati in tranquillità al mare”, spiegano. “Non abbiamo pensato a chiamare nessuno, né polizia né ambulanza”, è il loro racconto. Nessuno ha mosso un dito. Le telecamere di sorveglianza hanno registrato tutto. I Tik Tok degli indagati e dei ragazzi che hanno assistito all’assassinio sono allucinanti: droga, alcool, pugnali, insulti ai clochard…

Perché questa totale assenza di umanità?

Ha scritto lo storico Filippo Boni:

“Fino a vent’anni fa i ragazzi erano figli di genitori cresciuti in un’Italia ancora influenzata dallo slancio della ricostruzione postbellica e più tardi attraversata dai fermenti della contestazione, in cui seppur tra deformazioni e amari scontri, determinati valori erano un patrimonio condiviso, che agiva forte sulla coscienza collettiva.

Oggi i genitori dei ragazzi si sono formati in un ventennio che, come archetipi, ha avuto arrivismo e individualismo, in cui l’avere ha sempre prevalso sull’essere, in cui il mero benessere materiale è da raggiungere con qualunque mezzo e certo anche questo influisce sulla visione degli adolescenti verso la realtà che li circonda. Se muore l’essere e prevale l’avere, allora il corpo vince sull’anima e diviene solo uno strumento per arricchirsi, annichilendo qualsiasi senso di umanità, avvilito da un mondo social che sembra fornire sempre immediate risposte e proporre soprattutto falsi esempi”.

Non si insegna più ai ragazzi a battersi per alleviare il dolore dei deboli del mondo, ma a dominare l’altro, ad apparire più ricco e potente. Ecco allora che, in un approccio alla vita materialistico ed egoistico, può diventare normale uccidere a coltellate un ragazzo e poi andare in spiaggia e autocompiacersi.

Mercoledì scorso, durante la presentazione del libro “Tra utopia e realismo. Appunti sul Sessantotto”, non sono mancati gli accenti di radicale pessimismo. Nel mio intervento ne ho colto tutti i motivi. Ma ho ricordato che nel 1964 lo storico Giuliano Procacci concludeva la sua bellissima “Storia degli italiani” descrivendo amaramente “un’Italia gaudente e volgare”. E che però, solo pochi anni dopo, i ragazzi tornarono a desiderare le stelle e a lottare per un nuovo senso della vita. A pensare all’anima e non solo al corpo. Ad avere passione per il futuro e per gli altri.

I ragazzi del Sessantotto scrissero:

“La rivoluzione borghese è stata giuridica, la rivoluzione proletaria è stata economica. La nostra sarà sociale e culturale. Perché l’uomo possa diventare sé stesso”.

E ancora:

“La nozione di conflitto generazionale deve sparire dal mondo; non è che una contraffazione della lotta per il potere. Che i ‘padri’ svolgano il loro ruolo di ‘padri’, e la rivoluzione sarà rivoluzione”.

Bisogna svolgere il ruolo di “padri”: non significa non far mancare niente ai figli e assecondare le idiozie degli influencer, ma coltivare l’anima dei ragazzi insegnando l’empatia verso gli altri, l’amore, la solidarietà, la pace.

E’ molto difficile riuscire a farlo in questo tempo terribile di violenza e di guerra. Il colonnello Kurtz, in “Cuori di tenebra” di Joseph Conrad, diceva “che bisogna avere uomini capaci di utilizzare i loro primordiali istinti di uccidere senza emozioni, senza passioni, senza discernimento”. Perché “l’orrore ha un volto e bisogna essere amici dell’orrore”. No, dobbiamo combattere l’orrore con tutte le nostre forze e invertire la rotta. Il corpo martoriato di Thomas ci parla e ci chiede di non voltarci dall’altra parte. Di non smettere di cercare un nuovo umanesimo.

 

Post scriptum

L’onorevole Andrea Orlando mi ha inviato, dopo l’articolo di domenica scorsa, i testi riguardanti due sue iniziative contro il caporalato in agricoltura e nella nautica spezzina. Bene. Lo dobbiamo a un altro corpo martoriato che ci parla: quello di Satnam, schiavo abbandonato per terra, morto in compagnia del suo braccio amputato.

 

lucidellacitta2011@gmail.com

 

Manifestazione studentesca negli Stati uniti d'America (Archivio Giorgio Pagano)

Manifestazione studentesca negli Stati Uniti d’America, 1968 (Archivio Giorgio Pagano)