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150 iscritti in due mesi

Allarme Nursing Up: “Modello orario e carenza personale: sanità con l’acqua alla gola in estate”

Reduce dalla firma per le prestazioni integrative, il sindacato vuole tenere alta l'attenzione. "Diurnisti in debito orario in una sanità cronicamente sottopersonale: un paradosso".

Luigi Scialla, Donatella Riccio, Daniela Gervasi, Stefano Pellegrino

“Non siamo distaccati sindacali ma lavoratori tra lavoratori, capiamo le problematiche di chi svolge le professioni sanitarie in Asl 5 perché le viviamo ogni giorno”. E’ il biglietto da visita del sindacato Nursing Up alla Spezia, che vive un momento di rinnovata attività a cui segue un impulso alle iscrizioni di cui vanno orgogliosi. “Abbiamo contato 150 nuovi lavoratori in due mesi”, spiega Donatella Riccio, una delle responsabili spezzine, reduce dall’incontro a Genova a supporto del dirigente regionale Enrico Boccone in cui sono stati firmati gli accordi sulle prestazioni aggiuntive che dovrebbero, nelle intenzioni della giunta regionale ligure, aiutare ad abbattere le infinite liste d’attesa per gli utenti e compensare la carenza di personale.

“Chi rientra non viene pagato in straordinario ma appunto con lo strumento della prestazione aggiuntiva. Abbiamo chiuso a 50 euro all’ora, contro i 60 euro del vicino Piemonte – spiega Riccio -, ma mancano ancora le delibere per attivare il fondo da 243mila euro che riguarda l’Asl 5. Il problema però rimane ed è a monte: il modello orario a modular varato di recente non funziona e si somma ai problemi organizzativi che denunciamo da tempo. Il personale diurnista va in debito orario, cosa impensabile in un sistema in cui si ha necessità della presenza di personale e, sindacalmente, non accettabile perché il contratto stesso prevede un monte ore minimo settimanale di 28 ore sotto il quale non si può andare. E il paradosso è che poi ci ritroviamo spesso a ricevere richieste di rientri per coprire assenze programmate”.

Gli accordi di qualche giorno fa rischiano di rimanere un ‘pannicello caldo’, sottolineano i sindacalisti, di fronte alla cronica carenza di personale, destinata ad aggravarsi nel periodo estivo. “Otto infermieri si sono licenziati in vista del periodo estivo – sottolinea Stefano Pellegrino -. La mancanza di oss è tale che spesso se ne trova uno solo in servizio alla volta, che si trova a venire rimpallato tra una mansione e l’altra. Scarseggiano anche i tecnici, coloro i quali fanno funzionare i macchinari più moderni per cui hanno svolto formazione e training specifici. Professionalità non semplici da rimpiazzare”.

Ospedale Sant'Andrea

 

La prima richiesta dei rappresentanti Nursing Up è di prorogare le graduatorie di assunzione del concorso infermieri (quello che venne presentato come “concorsone”) e del concorso oss. “Per il primo Asl 5 non ha ancora esaurito la graduatoria, rimangono circa un centinaio di professionisti – ricorda Daniela Gervasi -. Le quaranta assunzioni previste per lo Spezzino sono comunque poche e in ogni caso l’azienda è già in ritardo. Si passa dal chiamare l’assunto, che spesso lavora altrove e che ha un tempo tecnico per accettare la proposta. Bene che vada, chiamando un infermiere oggi lo si avrebbe in corsia ad autunno inoltrato”.

Per quanto riguarda gli operatori socio sanitari, figure imprescindibili per far funzionare gli ospedali e le cliniche, la situazione spezzina vive la particolarità della graduatoria parallela per gli ex lavoratori di Coopservice, licenziati dopo anni di lavoro da esterni ma internalizzabili utilizzando l’emendamento Rossomando che fornisce loro una via parallela per rientrare nel sistema sanitario pubblico. “Al momento abbiamo utilizzato personale proveniente da altre regioni – sottolinea Gervasi -, ma finito il periodo di prova molti sono andati via, chi per malattia e chi per avvicinasi a casa. E’ chiaro che assumendo un operatore ex Coopservice è pensabile che sarebbe rimasto a lungo termine essendo del territorio”.

Oss Coopservice

 

Capitolo non meno delicato quello delle motivazioni del personale. “Spesso abbiamo l’impressione che l’azienda non conosca neanche la qualità del materiale umano che ha a disposizione – scuote la testa Luigi Scialla -. Ognuno di noi ha autonomamente svolto corsi di formazione, vuoi per passione personale o per opportunità varie. Corsi tenuti a nostre spese su tecniche nuove, per farci trovare pronti una volta si facesse avanti la possibilità di introdurle nei nostri ospedali. Invece nell’organizzazione del lavoro si guarda solo ai numeri. Ma se porto un giovane al primo incarico in sala operatoria non posso considerarlo equipe. Serve almeno un anno di esperienza per raggiungere un livello di comprensione della materia che garantisca noi e il paziente”.

Un portato di problemi che gli infermieri sentono di reggere sulle proprie spalle anche nel rapporto con l’utenza. “E con questo peso ci presentiamo di fronte ai cittadini, spesso esasperati dai disservizi – conclude Riccio – e che sfogano su di noi la loro frustrazione. Noi siamo i primi a voler migliorare il servizio e i primi a dire alle persone che si parla di un loro diritto. Non ci interessano le beghe politiche tra guelfi e ghibellini. Ci interessano i valori”.

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