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Sprugoleria

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Lo stemma araldico, una questione d’identità

Stemma Araldico

Da tante volte che l’abbiamo visto sul gonfalone che sventolava al vento ognuno di noi sa così bene com’è fatto il nostro stemma che lo potrebbe disegnare o descrivere a occhi chiusi. Qualsiasi stemma è importante, sia esso simbolo di una persona, di un casato o di una città perché la sua immagine è la raffigurazione della storia di quel che rappresenta. Il nostro, vado a memoria, è dominato da una torre a due piani che non viene su diritta ma si rastrema, cioè si assottiglia salendo verso l’alto. Entrambi i livelli hanno i merli a coda di rondine. Li chiamavano anche alla ghibellina ma l’ideologia non c’entrava per nulla ché l’incavo serviva, sia ai guelfi che all’altra parte, per appoggiarvi la balestra troppo pesa per essere retta a mano.

Ecco qua il primo indizio: i merli fatti a quel modo lì ha il castello di San Giorgio, non la prima ma certo quella rimasta, e la più nota, delle fortificazioni nostrane. Lo stemma ci ricorda che il primo insediamento fu sul Poggio, modesto rilievo ma alto q. b. per difendersi da eventuali attacchi. In effetti, il primo piano ai lati presenta un paio di garitte che servivano a proteggere la guardia anche dalla pioggia. La torre è finestrata e aperta al campo: le parole del linguaggio dell’araldica ci dicono che nel corpo della costruzione ci sono delle aperture che non sono cieche ma mostrano quello che c’è dietro: il campo, cioè lo sfondo, che nel nostro caso è azzurro come il mare del Golfo.

Sulla torre svetta a volo nascente un’aquila con la testa di lato coperta da una corona, dice l’araldica, di patrizio: il segno dell’upgrade di cui la landa godette nella seconda metà del Trecento venendo innalzata al di sopra degli altri borghi circostanti. La costruzione poggia su tre alture per dire che il borgo guardava il mare e alle spalle era chiuso da un lungo rilievo verde. Ciò pone una questione. Una descrizione blasonica contenuta in un decreto del Ministero dell’Interno del 1893 afferma che la torre nasceva da un mare d’argento fluttuante d’azzurro. Apriti cielo! Ma come, adesso a Roma s’inventano pure la nostra storia? Scoppia la polemica, e nella bagarre (sic!) che infuria gli eruditi, l’Ubaldo in testa, ricordano che il primo disegno dello stemma si ritrova in un documento del 1409 contenuto nel Libro del Consiglio di Spedia, l’antico nome di Sprugolandia. Disegnato da un ignoto scriba si vede bene che la torre nasce dai monti. Ma lì c’è anche di più: sopra allo stemma ci sono tre scudi due dei quali hanno la croce di Genova a ricordare chi era il padrone di casa. Di lato, infine, S e P, iniziali del nome primitivo.

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