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Museo tecnico navale

Alla ricerca di cimeli in arsenale per il Museo Navale: “Eroi e scienziati, è uno scrigno di storie”

Ricognizione all'interno della base navale sabauda per catalogare i prossimi pezzi da aggiungere alla collezione. Il 12 febbraio scade il bando per la gestione rivolto ai privati. Il direttore Merlini: "Patrimonio unico al mondo che la Marina Militare punta a valorizzare con strumenti moderni".

L'ammiraglio Leonardo Merlini

Scade il 12 febbraio prossimo la gara per trovare un partner privato per la più importante collezione di cimeli marinareschi d’Italia, quella Museo Tecnico Navale che dal 1860 è ospitato all’interno dell’arsenale marittimo della Spezia. La Marina Militare e il Ministero della Difesa, attraverso Difesa Servizi, ha il progetto di farne un punto di riferimento nel settore accodandosi alla rotta intrapresa dagli altri grandi paesi marittimi d’Europa. L’interesse attorno a questo tipo di polo culturale – che spazia tra storia, tecnica e arte – è d’altra parte in grande crescita. Lo ha capito la Francia, che ha da poco riaperto il suo Musée national de la Marine di Parigi dopo sei anni di lavori per un investimento totale di oltre 70 milioni di euro.

Ne bastano meno di un decimo per garantirsi la gestione per i prossimi 12 anni di quello spezzino, a due passi dalle Cinque Terre e dalla stazione croceristica che ha portato 700mila passeggeri nel corso dello scorso anno. “In fatto di quantità e qualità dei cimeli il Museo Tecnico Navale non invidia nulla a nessuno. Il potenziale di storie che può raccontare è davvero enorme, il bando per la sua gestione serve proprio a trovare qualcuno che voglia farlo con strumenti moderni”. Lo dice a Città della Spezia l’ammiraglio Leonardo Merlini, che dal 2019 ne è direttore dopo oltre dieci anni presso l’ufficio pubblica informazione, prima come direttore del Notiziario della Marina e poi come capo dell’Ufficio Storico.

Museo Tecnico Navale

 

Il Tecnico Navale negli ultimi anni ha vissuto una fase di riordino, pur operando ancora con logiche non legate al mercato per quanto riguarda la bigliettazione e le risorse. Sono stati creati quattro percorsi espositivi e il pubblico vi ha premiato con visite in crescita. Il tutto in pratica in assenza di promozione.

“Tutto è partito nel 2019 quando sono stati celebrati i 150 anni dall’inaugurazione dell’arsenale marittimo. Abbiamo rivisitato il percorso museale suddividendolo in quattro aree tematiche: le “Origini”, descrive la nascita dell’Arsenale evidenziando attraverso mappe e plastici l’indissolubile legame tra la città della Spezia, il suo Golfo e la Marina; le “Maestranze”, che racconta il lavoro che qui si faceva nella costruzione, nell’allestimento e nel raddobbo delle navi; “Uomini, Imprese ed Eroi” che testimonia alcune delle spedizioni, delle azioni e delle storie più importanti della Marina; “Tecnica ed Eccellenze” che approfondisce argomenti specifici quali l’evoluzione della navigazione dall’antichità fino a noi, l’artiglieria navale, le armi subacquee, l’esplorazione degli abissi. I 37mila ingressi che abbiamo registrato nel 2023 lo rende importante per la città della Spezia. Ma sono solo una base di partenza. Consapevoli di questo lo teniamo aperto 362 giorni all’anno; chiudiamo solo per Natale, Ferragosto e Capodanno”.

 

Leggendo il bando si percepisce la volontà di trovare un partner privato che porti risorse e mentalità imprenditoriale per creare un polo museale di respiro nazionale e non solo. La Marina Militare ci mette il know how e i reperti. I cimeli esposti sono migliaia, nei magazzini probabilmente ce ne sono altrettanti che attendono solo di poter essere valorizzati.

“E’ così. Ultimamente abbiamo già compiuto una ricognizione in arsenale catalogando molti nuovi materiali da non alienare, che entreranno nella disponibilità del Museo Tecnico Navale. Si tratta di cimeli di ogni genere, soprattutto di carattere tecnico-scientifico. Ci sono tantissimi strumenti di misurazione di ogni genere, che spaziano dalla seconda metà dell’Ottocento fino alla prima del secolo successivo. Ma abbiamo inventariato anche imbarcazioni e stampi delle ex fonderie che raccontano di quando in arsenale le navi venivano anche costruite. Chiaramente è un’operazione complementare e propedeutica al bando di gestione. La Marina Militare è fortemente interessata affinché il museo, in un futuro prossimo, possa allargarsi e ampliare la parte espositiva ed è pronta a fare la sua parte”.

Museo Tecnico Navale, Sala delle Polene

 

La Sala delle Polene, creata con l’art bonus grazie a una erogazione liberale dei cantieri Sanlorenzo, è un esempio del potenziale della collezione. Se dovesse essere lei a raccontare cosa rende il Museo Tecnico Navale unico nel suo genere, da cosa partirebbe?

“Sicuramente dalla Sala delle Polene e dalla Sala Marconi, che non hanno eguali negli altri musei navali di nostra conoscenza. Le oltre trenta tra polene, opere lignee, fregi di prora e cariatidi ci riportano al mondo dei vascelli. Vanno dalla fine del Settecento fino alla prima metà del Novecento con la polena del Cristoforo Colombo, la gemella dell’Amerigo Vespucci, che fu consegnata alla Russia dopo la Seconda Guerra Mondiale come risarcimento di guerra. La maggior parte data all’Ottocento; polene che raccontano il Risorgimento italiano sui mari. Sono tutte appartenute a navi delle marine preunitarie e per buona parte transitate poi nella Regia Marina. Accanto a queste ci sono anche polene della Marina Austroungarica. Simboli di unità che hanno combattuto una contro l’altra nella Battaglia di Lissa del 20 luglio 1866 per esempio, come la polena del Re di Portogallo, nave della Regia Marina, che è esposta al fianco di quella della Kaiserin Elisabeth, meglio conosciuta come Principessa Sissi. Un domani immagino un’installazione multimediale che metta direttamente in dialogo i due manufatti, raccontando quel periodo storico ma anche quel periodo di passaggio tra unità a vela e unità a motore, tra il legno e l’acciaio. Per questo l’apporto di un privato può essere decisivo per fare un definitivo salto di qualità”.

Il 25 aprile prossimo saranno 150 anni dalla nascita di Guglielmo Marconi, una figura destinata a essere sempre più valorizzata in futuro. Perché i reperti del Museo Tecnico Navale sono così importanti?

“Perché noi conserviamo alcuni apparati marconiani originali della fine dell’Ottocento e dei primi del Novecento. Il valore scientifico è straordinario, perché ci tengo a sottolineare che non sono repliche. In particolare esponiamo quelli con cui Guglielmo Marconi in persona effettuò il primo esperimento di radiotelegrafia da una stazione a terra a una nave in mare proprio qui alla Spezia. Abbiamo ancora le zone telegrafiche, ovvero le striscioline di carta con punti e linee, perché si comunicava con l’alfabeto Morse all’epoca, trasmesse il 17 luglio del 1897 dalla città alla Corazzata della Regia Marina San Martino. E poi ci sono strumenti che raccontano il passaggio da radiotelegrafia e radiotelefonia, ovvero dai codici fino alla trasmissione della voce. Abbiamo il trasmettitore a valvole del 1920 con il numero di serie 1 realizzato dalle maestranze arsenalizie che operava su onde medie e lunghe”.

Museo Tecnico Navale, Sala Marconi

 

Quali reperti secondo lei meriterebbero una terza sala tutta per loro?

“Direi i mezzi d’assalto navali, in cui l’Italia era ed è all’avanguardia. Oggi c’è il Comsubin che è un’eccellenza a livello mondiale; sono gli eredi delle sperimentazioni della Regia Marina nella Prima e Seconda Guerra Mondiale. Nel museo abbiamo una torpedine semovente Rossetti, la cosiddetta “mignatta”, grazie a cui due incursori riuscirono ad affondare una corazzata austriaca, la Viribus Unitis, nel 1918. Abbiamo un motoscafo da turismo modificato, il famoso barchino esplosivo, ovvero un’imbarcazione veloce con una carica esplosiva da 300 chili di esplosivo sulla prua e un seggiolino eiettabile affinché l’operatore potesse saltare fuori una volta indirizzata la rotta contro il bersaglio. E poi conserviamo un cosiddetto ‘maiale’, il siluro a lenta corsa, utilizzato nelle incursioni ad Alessandria d’Egitto e Gibilterra nella Seconda Guerra Mondiale. Nella stessa teca i manichini vestono la “muta Belloni” con un autorespiratore che non emetteva bolle in modo da non rivelare la presenza degli uomini sott’acqua alle eventuali vedette”.

Oltre alla ricerca all’interno dei capannoni dell’arsenale, come si arricchisce oggi la collezione del museo?

“A breve aggiungeremo due modelli che sono in via di realizzazione. Si tratta del Mas 15 in scala 1:15, il mezzo con cui Luigi Rizzo affondò la corazzata austriaca Santo Stefano il 10 giugno 1918, che arricchirà la teca dedicata all’Impresa di Premuda. L’altro è un modello del “grillo saltatore”, di cui non esistono più esemplari. Si trattava di un primo rudimentale mezzo pensato per superare gli sbarramenti che venivano posti sulle coste e all’imbocco dei porti per scongiurare le incursioni navali. Dell’originale conserviamo una sezione trasversale”.

Museo Tecnico Navale

 

Materiale che ha un nucleo di cultori della materia, basta cercare su internet per trovare decine di forum e siti che trattano questi eventi. Il bando ha lo scopo di trovare una forma di comunicazione moderna che si presti a farne racconto per il grande pubblico, anche grazie alla distanza storica ormai da quegli eventi. Il navale però è soprattutto un museo “tecnico”, ovvero scientifico.

“Certamente, pensi solo alla vicenda delle esplorazioni polari del primo Novecento di cui abbiamo testimonianze straordinarie. Conserviamo per esempio l’Ondina 33, la radio della famosa Tenda Rossa con cui venne lanciato il drammatico sos dai superstiti del dirigibile Italia nella missione al Polo Nord del generale Umberto Nobile del 1928. Fu utilizzato dal radiotelegrafista di Marina Giuseppe Biagi, perché la maggior parte dell’equipaggio era, appunto, di Marina. La spedizione era supportata da Nave Città di Milano, una vecchia posacavi che venne riadattata proprio all’interno dell’arsenale alla Spezia. Corazzata la prora per poter resistere e farsi strada nel pack ghiacciato, sostituite le eliche di bronzo con l’acciaio per renderle più resistenti, tutte le aree che contenevano i cavi furono trasformate in stiva per trasportare le bombole di elio che avrebbero rifornito il dirigibile. La plancia venne sigillata per poter affrontare le temperature polari e venne rivisto il sistema di climatizzazione. A bordo c’era una squadra di nocchieri per le operazioni di ormeggio del dirigibile, ma c’erano anche scienziati e idrografi della Regia Marina, che compirono studi di carattere oceanografico e climatico che furono all’avanguardia per l’epoca e ancora oggi di grande attualità”.

Saltando al dopoguerra, negli ultimi anni è stato rilevato il cosiddetto ‘arsenale sotto la montagna’ ovvero il sistema di gallerie e officine protette create sotto la collina di Fabiano durante la Guerra Fredda per garantire l’operatività della base navale anche in caso di attacco nucleare. Secondo lei potranno mai far parte di un percorso di visita?

“Fanno sicuramente parte della storia e potenzialmente potrebbero essere musealizzabili. Ma per musealizzarli bisogna prima valutarne lo stato di conservazione. Noi oggi facciamo proprio questo: tenere traccia di tutto il materiale che possediamo, cercando di tenerlo sotto controllo e di non perdere nulla per eventuali sviluppi futuri. Se un domani ci potesse essere questa possibilità, perché no…”.

Museo Tecnico Navale

 

Nel bando si parla di mezzi navali o aeronavali da aggiungere all’esposizione. Anche questo un progetto di lunga data, che ha animato il dibattito in città e però è finito su un binario morto.

“In particolare la musealizzazione di un sommergibile è oggetto di proposta da anni. L’ipotesi di esporlo sul futuro waterfront cittadino mi pare sia decaduta. Nel momento in cui ci dovessero essere le condizioni e gli spazi, l’idea che possa far parte del Museo Tecnico Navale è sicuramente presente. Un mezzo navale non potrebbe che accrescere l’importanza e la qualità”.

Nell’attesa di diventare ‘business museum’, come recita il bando di Difesa Servizi, qual è il contributo del Museo Tecnico Navale?

“Ancora in Italia, nonostante i suoi 8mila chilometri di coste, c’è poca coscienza di quanto il mare sia centrale per il nostro Paese. Siamo fortemente marittimi, perché dal mare riceviamo le materie prime e l’energia. Avendo un’economia di trasformazione abbiamo poi la necessità di usare il mare per esportare all’estero. La nostra tradizione navale è molto antica, la stessa vicenda dell’Impero Romano è fortemente legata alla capacità di conservare il potere marittimo. Da questo punto di vista attraverso il museo cerchiamo di far acquisire questa consapevolezza, soprattutto alle scolaresche che sempre di più vengono a visitarlo. Inoltre perseveriamo nella promozione della nostra biblioteca, contenente migliaia di volumi soprattutto a carattere marittimo e navale, aperta al pubblico su appuntamento, che rappresenta un notevole valore aggiunto alle molteplici attività del nostro Museo

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