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“struttura necessita di un numero minimo di personale che ne garantisca la funzionalità”

“Arsenale del futuro 5.0? Va bene, ora però garantiteci almeno lo 0.1”

Rsu Marinasen: “Entro due anni registrerà una carenza organica di oltre 500 dipendenti”.

Arsenale militare

Abbiamo l’ambizione di costruire qui l’arsenale del futuro, l’arsenale 5.0., Cavour in questo luogo costruì una parte della storia della nostra marina, noi vogliamo costruire la Marina del futuro”, questa l’affermazione del Ministro Crosetto. Siamo ormai abituati a “slogan” accattivanti e parole di conforto come quelle del CSMM Ammiraglio Enrico Credendino, del C.te del Comando Logistico della MM Ammiraglio di Squadra Salvatore Vitiello ed altre figure trascorse, ma nel pratico vi diciamo come stanno le cose. Sicuramente la realizzazione dell’Arsenale avvenne in tempi geopoliticamente e tecnologicamente molto diversi da quelli di oggi; i tempi cambiano, gli scenari moderni sono mutati, le esigenze cantieristiche si sono trasformate e l’impianto arsenalizio, motore dell’originario
splendore di La Spezia, è entrato in un triste declino operativo: è strutturalmente rimasto fermo ai primi del ‘900. Oggi una grossa fetta dell’infrastruttura Arsenalizia non soddisfa più le esigenze tecnicologisticomilitari e risulta in totale degrado, questo anche grazie alla sempre più risicata disponibilità di risorse economiche; sono ormai evidenti anche le scelte legate alle nuove assunzioni di personale dipendente, che palesano quella che è la volontà ed esigenza per lo strumento militare: nessuna nuova seria ondata di assunzioni per il ripianamento di lavoratori in uscita verso la quiescenza. Di fatto in Arsenale sono arrivati poco più di una dozzina di neo assunti, pronti a partire verso altri luoghi e Ministeri. Uno sforzo Governativo assolutamente insoddisfacente in virtù del fatto che un DPCM, firmato il 4 marzo 2022 autorizzava risorse finanziarie per il reclutamento, riferito ai bienni 2021-2023, di 2430 unità ripartite tra funzionari e assistenti tecnici. In pratica poche decine di assunti a fronte di una carenza organica di oltre il 40%. La T.O. prevista per l’Arsenale è di 873 civili, attualmente ne sono presenti solo 494, di cui 199 andranno in pensione nel corrente anno. A conti fatti, entro due anni, l’arsenale di La Spezia registrerà una carenza organica di oltre 500 dipendenti.
E’ di tutta evidenza che sviluppando previsioni di riduzione delle tabelle organiche, il problema delle carenze viene risolto, e quello che viene tagliato dal pubblico verrà garantito dal privato. Una tendenza, leggendo i recenti articoli su stampa, che porterà a privatizzare anche la parte riservata al benessere del personale ovvero il CRDD e gli stabilimenti balneari, così come la messa a bando della gestione del Museo Tecnico Navale.

Stiamo perdendo tutto!
In un contesto dove anche la dignità del lavoratore stesso risulta intaccata attraverso impieghi in ambienti talvolta fatiscenti o in officine che da un momento all’altro potrebbero chiudere definitivamente, si fa fatica ad individuare un futuro chiaro e stimolante. Soprattutto in luoghi dove manca anche l’acqua calda o l’umidità e la muffa penetrano nelle ossa. Oltre a ciò vi è un altro aspetto rilevante: perdere internamente la capacità manutentiva dei propri mezzi e/o infrastrutture comporta la totale dipendenza da realtà terze che, oggi sono italiane, domani potrebbero dipendere da volontà strategicamente competitive e quindi compromettere la stessa capacità di difesa del nostro Paese: far intervenire l’industria nazionale nelle attività arsenalizie porterebbe magari ad uno sviluppo del Paese, ma affidare (senza alternativa) determinati settori all’industria estera, lascia intravedere falle di prontezza operativa non trascurabili. Si sta forse andando verso la direzione di affidare la difesa della nostra Patria (indirettamente) a società straniere che nulla hanno a che vedere con gli interessi nazionali? In parte, ciò già sta avvenendo: basti pensare che ci sono dotazioni militari prodotte da ditte francesi piuttosto che statunitensi, di cui lo stesso personale militare non ha le competenze per condurre manutenzioni, e a scadenza tali dotazioni vengono inviate in ditta (estera) per la revisione o il ripristino della funzionalità (con tutto quello che ne consegue in termini di costi e prontezza operativa).
Oggi più che mai stiamo vivendo un cambio inaspettato degli equilibri geopolitici che si ripercuotono sugli equilibri (contratti) commerciali, che a loro volta si ripercuotono sulla vita di ogni cittadino; appare assurdo vincolare la capacità di difesa della nostra terra a situazioni mutevoli, incerte e talvolta precarie: il personale civile della Difesa, con una formazione al passo con i tempi, è l’unica garanzia che lo strumento militare ha affinché rimanga efficiente quando arriveranno tempi difficili. Gli scenari internazionali possono cambiare (talvolta sfavorevolmente), bene un esercito europeo
come forza congiunta ma male affidare la nostra difesa ad altri che non condividono il nostro
stesso patriottico fine ed interesse. Pensare di assecondare e/o programmare la riduzione del personale civile, a causa dei pensionamenti, per poi affidare tutte le attività tecnico/logistiche (“scoprendo” oggi che i numeri di organico di dipendenti civili sono insufficienti), finora garantite dagli arsenali, a ditte private avrebbe come conseguenza sia una spesa superiore a bilancio sia un livello di efficienza difficilmente ipotizzabile superiore. Una struttura come quella dell’Arsenale della Spezia necessita comunque di un numero minimo di personale che ne garantisca la funzionalità amministrativa ma anche tecnico operativa. Si è aspettato il pensionamento dei dipendenti civili per avere il legittimo pretesto di incaricare l’industria privata per fare ciò che prima veniva garantito dallo stesso personale civile? E a che costi? Certo, magari figurativamente si riduce la spesa fissa per il personale, ma al contempo si incrementa la spesa per l’esercizio: con questa trasmigrazione di bilancio, raramente si riscontrerà un reale efficientamento del servizio. Tutto quello che una volta funzionava, oggi lo si lascia deperire…e a quale scopo?  C’è una precisa volontà per trasferire l’onere della difesa della Patria ad un livello di privatizzazione dello strumento militare? Non si comprende esattamente il fine ultimo della sordità e della cecità della Politica in merito al mantenimento della funzionalità degli arsenali militari, in particolar modo quelli della Marina Militare. Se è vero che le strutture Arsenalizie sono indispensabili per l’operatività della Marina allora è altrettanto vero che è necessario un intervento economico, occupazionale ed infrastrutturale: per garantire le attività è necessario avere personale dipendente, le infrastrutture e i mezzi devono essere manutenuti.

Ma oltre il danno anche la beffa!
Non solo i lavoratori civili della Difesa, tra i Ministeriali, sono quelli con maggiori disagi e stipendi più bassi ma in questi giorni, in Arsenale, stanno subendo una serie di contestazioni di addebiti
riferiti al diritto al vitto gratuito. Una operazione nata da una ispezione amministrativa condotta nel periodo febbraio- marzo 2022, dove veniva contestato, dal 1° ottobre 2018, il diritto al pasto in relazione all’orario di servizio. Tuttavia la maggior parte delle contestazioni risultano infondate in quanto, addirittura alcune, fanno riferimento a pasti fruiti contestualmente all’assenza dal servizio del personale sanzionato  non presente per la fruizione di istituti dedicati. Le sanzioni partono da qualche decina di euro fino ad arrivare a 6/700 Euro. Una condizione al limite del ridicolo che ci conduce verso un doveroso approfondimento e studio. Generalmente una qualsiasi lettera prevede una chiusura ma in questo caso lasciamo a voi le considerazioni finali e la scelta di credere alle nostre parole o in quelle di chi veste in giacca e cravatta.
La RSU Arsenale

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