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"rilanciare il parco"

Palmaria, deserta anche la seconda asta. Attivisti chiedono ripensamento e apertura confronto

Movimento No Masterplan: "Le alternative ci sono, valorizzare il territorio non significa venderlo". Legambiente: "L'isola non può essere un oggetto di mercato, nemmeno in un'ottica di sostenibilità". Posidonia: "Vogliamo ancora credere che ci sia per i cittadini la possibilità di chiedere che venga tutelato l'interesse pubblico".

Isola Palmaria
L'Isola Palmaria

Deserta anche la seconda asta per fabbricati e terreni situati sull’isola Palmaria – due lotti, base complessiva 10,8 milioni, dieci per cento in meno del primo tentativo. Un esito che non manca di animare il dibattito. “Delle millantate offerte sbandierate dall’amministrazione neanche l’ombra – commenta in una nota il Movimento Palmaria Sì Masterplan No -. Evidentemente le numerose richieste di approfondimento non hanno dato buon esito. Ovviamente la mancata privatizzazione spinta dell’isola non può che renderci più sereni, ma il ragionamento da seguire è la mancanza di lungimiranza di questa amministrazione (e di quella precedente), che non hanno saputo progettare un futuro al di fuori delle vendite indiscriminate per un luogo così speciale come è l’Isola Palmaria. Da principio fu il Masterplan, progetto che prevede la privatizzazione e la totale alienazione (o concessione per almeno 70 anni) di tutti gli immobili che sono passati dalla disponibilità della Marina Militare a quella del Comune di Porto Venere. Senza alcuna visione di un futuro pubblico, senza alcuna progettualità che prevedesse un uso collettivo, una fruizione non solo esclusiva. Le proposte alternative sono state moltissime e arrivate da ambiti anche molto diversi. Noi del Movimento Palmaria Si Masterplan No abbiamo elaborato un’idea progettuale che prevedeva sia un utilizzo pubblico di alcuni beni sia l’alienazione di alcuni lotti. Abbiamo anche suggerito, per non gravare sulle casse comunali, il modo per attingere a fondi europei, abbiamo elaborato azioni economicamente sostenibili rifacendoci anche ad esperienze analoghe in ambito europeo. Non siamo il movimento del NO, ma il movimento delle proposte concrete, fattibili, economicamente sostenibili che l’amministrazione non ha voluto ascoltare; forse per pregiudizio ideologico o forse perché l’obiettivo è sempre stato la completa vendita di tutti gli immobili, senza valutare alternative che non comportassero la privatizzazione totale dell’Isola”. Concludono dal movimento: “Oggi rivolgiamo l’ennesimo appello alla sindaca e all’amministrazione di Porto Venere: le alternative ci sono! Valorizzare il territorio non significa venderlo, facciamo fronte comune e rendiamo la Palmaria un luogo ancora più bello e vivibile di quello che è. Per fare questo bisogna riaprire un confronto positivo sul futuro dell’isola che può e deve essere garantito per migliorare la vivibilità per chi ci abita e la fruibilità per chi la visita, attuando scelte e soluzioni sostenibili che esistono e che il movimento Palmaria SI Masterplan No ha più volte proposto con il sostegno di migliaia di firme. Noi auspichiamo che un serio confronto possa riaprirsi e siamo a disposizione”.

In merito interviene anche Legambiente: “Per la seconda volta l’asta per l’alienazione dei beni trasferiti dalla Marina Militare al Comune di Porto Venere è andata deserta. Questo dimostra che l’idea alla base del Masterplan non poggia nemmeno su credibili criteri finanziari, ed il rischio è che si finisca come per la Colonia Olivetti, ovvero a svendere il patrimonio pubblico al privato senza nessun ritorno adeguato. Ma il problema è a monte: come diciamo ormai da anni il modello per la Palmaria non può essere quello di una privatizzazione finalizzata ad un turismo di tipo elitario, ma semmai quello basato sulla fruizione pubblica tipica di un’Area Protetta, basata su educazione e ricerca, ovvero su una fruizione consapevole e su moderne politiche di tutela e valorizzazione dei beni naturali e storico-architettonici. La Palmaria non può essere un oggetto di mercato, nemmeno in un’ottica di sostenibilità. Occorre invece far emergere e preservare i suoi valori, anche immateriali, che ne fanno il tesoro del nostro Golfo: spazio vitale di natura, servizi ecosistemici, sedime della storia del Golfo. Un tesoro che non può essere venduto ma che proprio per quello ci restituisce ricchezza, ora e in futuro. E per fare questo occorre rilanciare il Parco (che risulta da decenni mortificato nella sua struttura e nelle sue funzioni). Svendere la Palmaria per rimpinguare le casse comunali è in questo senso miope e penalizza il territorio anche dal punto di vista dell’immagine, incrinando il suo prestigio.
Manteniamo i beni pubblici e andiamo a cercare le risorse, che esistono, per rilanciare un efficiente ‘modello Parco’ (che non è certo quello applicato fino ad adesso). Bloccare l’asta e parlarne”.

E ancora, per l’Associazione Posidonia, l’esito dell’asta “conferma quella che è sempre stata la nostra convinzione, che si tratti di un’operazione fallimentare per il nostro Comune, portata avanti solo a beneficio di rapaci investitori ma con nessun ritorno per la nostra comunità, nemmeno quello economico così sbandierato. Anzi, sul nostro Comune incombe la prospettiva di un fallimento economico che, in base all’accordo capestro sottoscritto con la Marina Militare, lo porterà alla bancarotta”. Prosegue la nota dell’associazione: “Fin dall’inizio di questa sciagurata operazione ha prevalso la filosofia del fare cassa, della vendita/svendita di tutto il patrimonio culturale che ha fatto la nostra storia e ci ha resi famosi nel mondo. Fin dalla stipula di quel Protocollo di Intesa che abbiamo sempre denunciato come illegittimo oltre che dannoso, non c’è stato da parte del Comune e della Regione nessuno studio alternativo al Masterplan, nessuna possibilità che questi beni potessero rimanere pubblici e destinati a una fruizione pubblica, a disposizione di un turismo consapevole. Tutt’altro, ogni legge regionale, ogni delibera regionale o comunale che si sono susseguite hanno sempre avuto come faro la privatizzazione di questi beni, la loro monetizzazione. E quando tutto sarà privatizzato, svilito in operazioni di bassissimo livello ambientale, sociale e culturale, saremo privati di tutto”.
Concludono da Posidonia: “Abbiamo più volte denunciato il degrado e l’abbandono in cui versa il Parco Naturale Regionale di Portovenere e la sua Area di Tutela Marina, gestito da sempre in modo anomalo anche rispetto alle leggi sulle Aree Protette e completamente abbandonato negli ultimi anni in cui si è esplicitamente voluto sottometterlo al Masterplan. Eravamo e siamo invece convinti che solo un Parco forte, ben gestito, autonomo e autorevole avrebbe potuto e potrebbe ancora gestire questa operazione con finalità di tutela, educazione e ricerca, mantenendo i beni alla fruizione pubblica. Vogliamo ancora credere che ci sia per i cittadini la possibilità di opporsi, di chiedere che venga tutelato l’interesse pubblico, di far sentire la loro voce in difesa di un bene, di una risorsa naturale e ambientale, di cui poter disporre anche in futuro e da poter trasmettere alle generazioni future. Chiediamo che venga ripensata tutta l’operazione, che si sta rivelando sempre più miope e senza senso, e chiediamo un incontro pubblico con l’Amministrazione affinché ci venga illustrata la situazione e dove si possano fare le nostre proposte”.

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