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Il dibattito

Piano sociosanitario, in Consiglio regionale scoppia la bagarre e l’opposizione “occupa” l’aula

Un Consiglio regionale bollente, quello di oggi a Genova. Prima dell’avvio del dibattito Luca Garibaldi, del gruppo Pd-Articolo Uno, ha chiesto alla giunta di ritirare la Proposta di deliberazione 70 Piano socio sanitario 2023-2025 e di riportarla in II Commissione in quanto le modifiche, determinate dalle indicazioni del ministero della Salute, devono essere esaminate dalla II Commissione, come proposto dalla stessa delibera di giunta. Secondo il consigliere, la giunta ha consegnato solo una nota delle indicazioni del ministero e, dunque, sarebbe stato esaminato in Commissione un provvedimento diverso da quello che, in realtà, è concertato con il Ministero ponendo un problema di legittimità e di procedura.
Gianni Pastorino, di Linea Condivisa, ha condiviso le obiezioni sollevate da Garibaldi per valutare le comunicazioni del Ministero e ha chiesto che l’Assemblea possa votare solo il testo definitivo con le modifiche recepite dalla giunta. Lo stesso ha fatto Roberto Centi, della Lista Ferruccio Sansa presidente, che ha concordato con quanto detto dai colleghi e ha ribadito che il lavoro fatto dalla II Commissione sarebbe il contrario di quello che andava fatto: prima audire i portatori di interessi e poi elaborare il Piano. Anche Fabio Tosi, del Movimento Cinque stelle, ha chiesto una sospensione della seduta e la convocazione di un Ufficio di presidenza integrato allargato agli uffici tecnici per valutare la correttezza formale della procedura, Una richiesta condivisa anche da Sergio Rossetti, del Gruppo Misto-Azione.

Il presidente della giunta Giovanni Toti ha respinto entrambe le richieste spiegando le motivazioni sia da un punto di vista formale che sostanziale. E ha invitato i consiglieri di maggioranza a non accogliere la richiesta dei consiglieri di minoranza. Ferruccio Sansa ha criticato la posizione assunta dal presidente Toti e Roberto Arboscello, del Pd, ha condiviso le obiezioni espresse da Garibaldi e, in particolare, relativamente alle note inviate dalla Regione a settembre e ottobre al ministero, che chiedeva la modifica del Piano in alcuni punti. Davide Natale, anch’egli consigliere Pd-Articolo Uno, ha chiesto una riunione dell’Ufficio di presidenza, e se la deliberazione presentata oggi è conforme e, come tale, può essere votata dal Consiglio regionale.
In risposta Angelo Vaccarezza, del gruppo Cambiamo con Toti presidente, ha rigettato la proposta di sospensione della seduta per convocare l’Ufficio di presidenza integrato, mentre il leghista Stefano Mai ha ribadito l’importanza del provvedimento per la sanità ligure e la necessità di procedere con l’esame del testo e la sua votazione. Infine Stefano Balleari, di FdI, ha chiesto di non sospendere il Consiglio e di procedere nell’esame del provvedimento.
Quindi il Consiglio regionale con 18 voti contrari (maggioranza) e 12 favorevoli ha respinto le obiezioni procedurali sollevate dalla minoranza e con 19 voti contrari (maggioranza) e 10 favorevoli è stata respinta anche la richiesta di sospensione.
Un esito che ha portato i consiglieri di opposizione a inscenare una “occupazione” dell’aula, portandosi al centro dell’aula e mettendo in atto un sit in che ha costretto il presidente Gianmarco Medusei a sospendere la seduta.

Le reazioni

Un Piano che è “carta straccia, che va completamente riscritto”, sottolinea il capogruppo del Partito Democratico in Regione Luca Garibaldi, relatore di minoranza del gruppo insieme ai consiglieri regionali PD Roberto Arboscello ed Enrico Ioculano.

“È un Piano che rispecchia appieno un atteggiamento “minimalista” della sanità pubblica e della politica sanitaria regionale che invece di costruire le condizioni per l’integrazione sociosanitaria nei fatti si consegna alla disintegrazione del sistema pubblico, sempre più debole e più esposto alle prossime crisi. Un quadro desolante – lo descrive il capogruppo Luca Garibaldi –  in cui il Piano rinuncia ad avere le ambizioni di guidare i processi, per la sua vacuità e la sua estrema flessibilità. La tattica di Toti e della destra, lungo questi anni, è stata di anestetizzare completamente gli elementi di discussione e di tensione sulla sanità, diluendoli in scelte che smontavano pezzo a pezzo gli elementi essenziali della sanità pubblica. Nei fatti le ASL sono state chiuse, ma formalmente restano; la privatizzazione degli ospedali come elemento di ingresso dei privati nella sanità ligure è stata sostituita con un flusso sempre maggiore di acquisto di prestazioni dai privati, che hanno eroso spazio e ruolo ad un pubblico sempre più in difficoltà. Servono investimenti costanti per ripristinare la centralità della cura e del benessere nella nostra regione, non con soluzioni tampone o con una progressiva e lenta ritirata del pubblico come organizzatore delle risposte ai bisogni di salute dei cittadini. Difendere il diritto alla cura è una scelta di civiltà”.

“Contestiamo questo Piano Socio sanitario – aggiunge il consigliere regionale PD Roberto Arboscello – perché non risponde alle istanze e alle criticità che le persone e i territori avanzano quotidianamente, come le lunghe liste d’attesa e la carenza di personale. Non vi è traccia di una programmazione della gestione della sanità, ma è una fotografia dello stato attuale delle cose senza però aver analizzato i numeri per comprendere il quadro. Sembra presentato più per dovere che per volontà di risolvere i problemi, è solo una fotografia dell’esistente (peraltro fatta senza un’analisi approfondita dei dati), manca di progettualità, scritto senza coraggio e senza prevedere alcun elemento di innovazione e nuove progettualità. Un piano che non risponde alle emergenze che sta vivendo il territorio. Abbiamo fatto delle proposte, chiedendo un piano di assunzioni organico e un programma che consenta il reale abbattimento delle Liste d’attesa, che se accolte potrebbero attutire in parte gli effetti negativi di questo Piano, come la proposta di aumentare le borse di studio per gli specializzandi in modo da aumentare le opportunità di accesso ai corsi di specializzazione dell’area medica e dare risposte concrete all’aumento di fabbisogno di personale, chiedendo l’impegno di prestare l’attività nelle strutture sanitarie liguri per un periodo almeno pari alla durata della specializzazione. La sanità pubblica ligure purtroppo sta vivendo il periodo più buio di sempre: è ormai sull’orlo del baratro. Con questo Piano socio sanitario la Giunta Toti ha gettato la maschera mostrando tutta la sua incapacità. Ma non consentiremo di staccare la spina”.

“Attraverso questo provvedimento – aggiunge il consigliere regionale PD Enrico Ioculano – si rende evidente la volontà dell’amministrazione Toti di non voler intraprendere una vera politica sanitaria in modo organico. Una programmazione seria si dovrebbe fondare su uno studio epidemiologico, ossia lo studio della distribuzione e della frequenza delle malattie e delle condizioni o eventi legati alla salute sulla popolazione, per capire i fabbisogni dei liguri per poi attuare interventi conseguenti di riorganizzazione delle aziende e dei servizi. Invece si preferisce approvare un documento talmente generico da risultare sterile che consente di volta in volta di non prendere posizione di fronte alle criticità e di perpetrare interventi volti al solo consenso che nulla hanno a che vedere con i problemi sanitari dei cittadini.  Le 32 case di comunità previste vengono presentate senza sapere cosa dovranno produrre, quanto dovranno produrre e, soprattutto, chi andrà a lavorarci. Al netto degli ottimi intenti sulla prossimità di cura e la retorica sulla presa in carico del paziente, al momento non c’è nulla se non l’individuazione dei siti per la realizzazione e qualche intendimento per l’utilizzo degli spazi. E mentre il genovesato mantiene un discreto livello di prestazioni sanitarie, nelle aree periferiche il sistema è particolarmente sotto pressione per la carenza di medici e personale. Ma per ridurre questo gap nulla è previsto. Nulla è previsto per abbattere le disuguaglianze sociali accorciare le distanze dai luoghi di cura e ancora una volta la persona non è messa al centro”.

“Se non fosse per il ruolo che ricopriamo come portavoce dei cittadini che chiedono, ormai invano, una sanità pubblica efficiente e giusta, verrebbe da alzare le mani in segno di resa. In Liguria ha vinto la Banda Bassotti: qui, il privato si mangia il pubblico con il benestare della politica. Ma, nonostante la tracotanza di questa destra che esclude dal processo decisionale la partecipazione dei cittadini e dei Comuni (diretti interessati dalle politiche sanitarie per le ricadute sui rispettivi territori), il M5S non si rassegna”. Lo dichiara il capogruppo regionale del M5S Fabio Tosi nella relazione di minoranza sul PSSR, che poi continua: “La prova che la privatizzazione è scritto nel Dna della destra l’abbiamo avuta all’ultima seduta di Commissione, quando la maggioranza ha presentato un emendamento per il via libera, in caso di difficoltà organizzative, per privatizzare 5 case di comunità. Case che dovrebbero essere il punto fermo della medicina territoriale e che sono finanziate con fondi del PNRR. Ancora una volta, soldi pubblici che traguardano la via del privato. È accettabile?”.

“Rifiutiamo l’idea di costituire due macroaree a Ponente e Levante scorporando, in maniera netta, la funzione di committenza (ASL) nei confronti delle due nuove Aziende Ospedaliere. Di fatto si tratterebbe di un accorpamento tra le due ASL del Ponente (1 e 2) e del Levante (4 e 5), con conseguente accorpamento di servizi e spostamento di funzioni dai territori. Come ha opportunamente sottolineato il Consiglio delle Autonomie locali, tale progetto sarebbe difficilmente perseguibile con effetti positivi nella nostra Regione affetta da problematiche di viabilità nelle aree montane rispetto alle zone costiere, con un frazionamento dei bisogni dei cittadini non omogeneo tra le diverse aree (genovese e delle due riviere)”.

“Rifiutiamo l’idea di un PSSR – anche nell’utilizzo dei fondi PNRR (case di comunità, ospedali di comunità) e in generale nella predisposizione di punti di primo intervento e pronti soccorso – che privilegia i territori di costa. C’è infatti un’illogica distribuzione costiera delle strutture previste per DEA, P.S. e P.P.I. in Liguria con giusto qualche contentino-spot per le aree interne. Situazione che si ripete con l’elisoccorso: la programmazione prevede tre basi di partenza (Albenga, Genova e Luni) ma non si ha contezza delle piazzole nei vari Comuni dell’entroterra”.

“Rifiutiamo l’idea di un PSSR che dimentica la dura lezione inferta dalla pandemia; che non ha contezza del personale sanitario realmente necessario per il fabbisogno della nostra Regione; che non affronta le vergognose liste d’attesa con politiche concrete capaci di rispondere in primo luogo alle categorie fragili come gli over 65; che cerca scorciatoie per risolvere l’annosa questione della mobilità passiva; che richiede deroghe alle deroghe già in atto; che scientemente si dà da fare per regalare spazi pubblici al privato. E lo scempio che si sta compiendo all’ospedale di Rapallo è la riprova di questa politica scellerata”.

La posizione della maggioranza

“Il comportamento dei Dem mostra quello che sono realmente. Con il loro ostruzionismo, si sono seduti in mezzo all’aula del Consiglio regionale, impedendo ai lavori di continuare. La sinistra sta soltanto strumentalizzando e  spettacolarizzando il Consiglio regionale. Una sinistra che ha lasciato in dissesto la sanità ligure con un debito di 100 milioni di euro ed ha effettuato chiusure di presidi e i depotenziamenti degli ospedali di Albenga, Rapallo e Sarzana, con l’assoluta mancanza di qualsiasi progetto di rinnovamento”. Lo afferma in una nota la Lista Toti replicando alle accuse degli avversari.
“Uno sperpero di soldi dei cittadini che denota il poco rispetto che questa sinistra ha nei confronti dei liguri. Un atteggiamento che ci fa capire perché in Liguria e in quasi tutte le regioni italiane governi il centrodestra.
A differenza dei Piani Socio Sanitari del passato, per la prima volta il documento è stato condiviso con le conferenze dei sindaci di ciascuna Asl della Liguria, meccanismo partecipativo che non ha precedenti.
I cittadini liguri lo hanno capito: la politica urlata e fine a se stessa è un contenitore vuoto. Noi andiamo avanti con la forza e la volontà del fare che ci contraddistingue”, concludono i totiani.

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