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L'intervista

Casarino: “Ligurian Riviera a Savona modello per un salto di qualità turistico. Fuori dal ranking dei luoghi più gettonati, possiamo fare la differenza con attrattività e accoglienza”

Marco Casarino intervistato da Fabio Lugarini

Con la stagione estiva alle spalle, almeno sulla carta, vista l’ottobrata che stiamo vivendo in gran parte del Paese che strizza l’occhio all’agognata destagionalizzazione, decisamente meno al cambiamento climatico. L’autunno appena iniziato di sicuro è il periodo dell’anno in cui i bilanci di ciò che è appena successo, lasciano spazio alle prospettive economiche per il nuovo anno. Prospettive che fanno i conti con gli sconquassi legati alla guerra in Ucraina e all’aumento vertiginoso del costo della vita che ha portato il Governo centrale a pensare, almeno, a qualche contromisura, quanto meno per alleviare quella serie di batoste che da qualche mese sono cascate sulla testa degli italiani. E, immancabilmente, anche sulle imprese, che non sfuggono di certo all’ondata di recessione e di inflazione. Città della Spezia incontra Marco Casarino, segretario generale della Camera di Commercio delle Riviere di Liguria, con l’intento di mettere in fila una serie di considerazioni sull’economia della provincia spezzina a cominciare dal settore certamente più in crescendo e per questo più tema dibattuto.

Dottor Casarino, parliamo subito di turismo. I numeri rincuorano, la strada da percorrere per renderli sistematici è però ancora lunga e impervia. Continuano a mancare un’identità territoriale e un’organizzazione condivisa. Lei che ne pensa?
“Partiamo da un discorso basilare: la tassa di soggiorno è una tassa di scopo e serve, per legge, a finanziare la promozione turistica. Tutti i Comuni hanno firmato il Patto regionale del turismo che dice che almeno il 40% delle risorse giunte con la tassa di soggiorno va usato per progetti condivisi. Ora, la realtà è la seguente: tutti gli operatori, incassando e pagandola, fanno il sostituto di imposta per i comuni non guadagnando niente in maniera diretta. In altri territori, come per esempio a Savona, quasi tutti i Comuni hanno deciso di mettere una parte di questa somma incassata in un fondo comune per sviluppare attività di promozione importanti. Parliamo di 400mila euro di spesa ogni anno. Hanno un programma coordinato che si chiama Ligurian Riviera, che non prevede strutture societarie e per questo i costi sono bassissimi”.

Lei qualche mese fa tornò a parlare di Dmo dopo anni in cui il tema era finito in un cassetto chiuso a doppia mandata. Perché secondo lei questa strada si è fermata.
“La Dmo è un concetto, l’idea che il nostro territorio è una destinazione fatta di un insieme di articolazioni diverse. Anche perché la tassa di soggiorno cuba in provincia 4,7 milioni e questi sono soldi che i turisti versano: una buona parte dei quali aiutano i Comuni a pagare servizi che servono anche ai turisti, un’altra però può essere spesa per progetti comuni. Per cosa? Iniziative di promozione e di sostegno come le card di sistema, un’iterazione collettiva con i tour operator, la possibilità di dotarsi di un interlocutore unico che dialoghi con le piattaforme di prenotazione, con il mondo delle crociere. E naturalmente la comunicazione, la definizione di un brand unico”.

 

Marco Casarino intervistato da Lugarini

 

Per unire, finalmente, tutta la provincia e magari uscire anche dai dogmi regionali che in una terra di confine come la nostra hanno poco senso.
“La Dmo può contemplare una serie di diverse destinazioni all’interno della medesima provincia oppure una destinazione unica con diversi territori coinvolti. Credo che qui la cosa fondamentale sarebbe rifare la legge regionale che è vecchia visto che parla di un sistema di promozione obsoleto, antecedente la tassa di soggiorno e alla riforma delle Province. Una legge regionale che ridefinisca il ruolo degli enti. I numeri dicono che come presenze turistiche Spezia cuba più del 40% della tassa rispetto a tutta la provincia ma le Cinque Terre hanno ormai capito che il comune capoluogo, la città di riferimento, è un hub importantissimo: hanno compreso che è meglio avere una città accogliente vicina per poi regolare un po’ il flusso interno. Oggi c’è un legame di collaborazione mentre non c’è ancora un dialogo virtuoso fra Cinque Terre e Val di Vara: potrebbe essere un ambito dove creare uno spazio di accoglienza. Ci vuole una pianificazione e se hai uno strumento lo puoi fare. Oggi i dati sono in crescendo ma nel momento in cui scenderanno, essere tutti insieme aiuta non poco a non perdere quota”.

Le card comunali però non funzionano.
“A ponente funziona la card trasporti perché risolve problematiche mettendo in comunicazione i diversi tipi di locomozione, tipo gomma e ferro. Prendete la card Cinque Terre, che è in vigore da anni: funziona non tanto per la scontistica sui prodotti ma per i servizi che dà. E i servizi di informazione e di trasporto devono essere le colonne portanti delle card”.

Lavorare nel turismo invece è stato uno dei temi principali degli ultimi mesi. A fronte di una grande richiesta, non c’è una ricaduta diretta. Forse, semplicemente perché il turismo non paga quanto dovrebbe.
“Il livello delle paghe è definito dai contratti di lavoro, firmati dalle associazioni datoriali e dai sindacati. Le difficoltà a trovare personale sono legate a tante ragioni: qui l’età media della popolazione è circa 40 anni, la fascia 55-60 anni è la più consistente, tre volte quella che va dai 14 ai 20 anni. Vuol dire che per tre persone prossime alla pensione, ne abbiamo una giovane. Fare il cameriere oggi non è come farlo trent’anni fa: oggi significa saperlo fare, sapersi comportare, conoscere una lingua diversa dall’italiano. Poche persone si presentano, quelle che si presentano non sono sempre adeguate. Serve formazione, la stiamo facendo anche con incentivi a favore delle imprese, aperte anche a persone che non sono italiane ma che hanno il permesso di soggiorno. Poi c’è un problema di paga, ma soprattutto c’è un problema di trasparenza”.

Chiarezza dell’offerta e dalla mansione, elementi imprescindibili in altre nazioni come l’Inghilterra, giusto per fare un esempio.
“Ho idea che il rifiuto non è di natura economica, ma per la scelta del settore. Quando dirigevo l’Ufficio per l’Impiego ricordo scambi con inglesi e irlandesi: là fanno l’accordo per telefono fidandosi di quello che viene detto. Ci chiedevamo come fosse possibile, rapportandolo all’Italia? Ci dicevano che in Inghilterra se un imprenditore non rispetta ciò che ha detto non lo considera più nessuno. Al numero telefonico del job center inglese, puoi fare una trattativa e chiuderla, da noi no anche perché siamo in presenza di mille formule contrattuali. Per questo credo ci sia un problema di trasparenza”.

Un albergo per il centro città amplierebbe e diversificherebbe l’offerta. Vista la mole di turisti che vengono da queste parti è così difficile da doverne parlare per anni?
“Un albergo di qualità in città serve e deve essere un privato a investire in questo senso. Quello che dobbiamo fare noi istituzioni è creare i presupposti, prestando attenzione al fatto che un’infrastruttura privata ad interesse pubblico va favorita. Si va alle fiere anche per questo, a proporre queste possibilità. Le catene alberghiere hanno un ranking e noi non siamo fra i territori più gettonati per una questione di bacino d’utenza, di abitanti. E poi abbiamo costi, non solo di costruzione, più alti. Non siamo, che so a Reggio Emilia che ha un potenziale di clientela ben diverso visto che nel giro di poche decine di chilometri gravitano 2,5 milioni di persone. Quindi dobbiamo essere più attrattivi e più accoglienti”.

L’ex Banca d’Italia, edificio abbandonato e all’asta. Può essere una soluzione?
“Penso sia difficilissimo da riconvertire, un monolite di marmo che se lo tocchi devi litigare con tutti, che ha soffitti altissimi e una divisione interna di un certo tipo. Lì è difficile farci un albergo, dovrebbe essere liberato dall’accezione di monumento storico. E poi ci sono evidenti problematiche di parcheggio, ci devi arrivare e non è semplice in quella parte di centro città”.

 

Marco Casarino

 

Più volte si è detto invece di un albergo al waterfront. Ma c’è da crederci davvero?
“Dobbiamo immaginarci il waterfront futuro come un insieme articolato di interventi pubblici e privati, importante perché cambia faccia alla città. Chi viene qui e fa una passeggiata sulla Morin rimane entusiasta, per noi è qualcosa di normale. Il waterfront raddoppierebbe la fruibilità del fronte mare con un buon retroterra alle spalle. Nasceranno dei servizi, a partire dal palacrociere: da quella infrastruttura passeranno ogni giorno di crociera 2.500-3.000 persone che assicurano un primo impatto significativo. Secondo me quello di un albergo è un intervento che si può autofinanziare e se verrà realizzato sono sicuro che i servizi verranno. Chi si candida farà un progetto secondo le regole che gli verranno dette. Dipende anche dalla proposta che viene fatta da chi fa l’investimento. Ora dovremmo entrare in una fase importante, a cominciare dai lavori di Lsct”.

A proposito di porto, c’è un po’ più di ottimismo nell’aria. Lei come si colloca?
“Non sono nè ottimista nè pessimista. Prendo atto che c’è un impegno con delle scadenze, mi auguro che a quelle scadenze Lsct porti avanti quello che ha detto di voler fare. Facciano questo, altrimenti la città non potrebbe essere inerte e dovrebbe reagire. Msc ha comprato il 49% del porto di Amburgo, ha acquistato le ferrovie in Spagna, ha comprato gran parte delle concessioni del porto di Genova, è al 40% di Lsct, è, di fatto, il porto di Livorno. Il privato è assolutamente ben accetto ma deve essere regolato nel sistema, a Lsct e Terminal del Golfo sono state accordate concessioni pluriennali importanti con degli impegni di investimenti loro e dell’Autorità di sistema portuale. Ormai sono passati 7-8 anni, il 20% dei 50 anni previsti nella convenzione se n’è già andato”.

Se Enel è un idea in potenza ancora da sviscerare totalmente, Il Miglio Blu invece pare una promessa.  
“Il Miglio Blu è un’efficacissima immagine della realtà imprenditoriale della nautica spezzina. Ad oggi c’è un logo territoriale e imprenditoriale, su questa si possono innescare una quantità di altre cose. Per ora ne abbiamo viste poche ma già l’identificazione collettiva è un passo avanti. Poi è chiaro che può essere arricchito di tanti elementi. Promozione comune, caratterizzazione di uno spazio territoriale, voglio pensare che chi arriverà a Fossamastra dovrà avere la percezione di essere arrivato in una zona industriale di cantieri bella. Anziché essere un pezzo di periferia di una città emiliana, siamo al mare. Ottima iniziativa, può diventare molto di più, senza forzature ma anche senza pigrizia. Enel? La partita energetica non è di facile commento. Ancora non è ben chiaro quale sarà il futuro, ci sono state tante problematiche ma mi sembra che il Comune stia ragionando con Enel per collocare lì attività industriali di ultima generazione, sia nel campo delle rinnovabili sia sull’idrogeno. Ecco, fosse sull’idrogeno, magari sulla propulsione dell’idrogeno delle navi sarebbe un complemento al Miglio Blu. Ad oggi sappiamo che sia Sanlorenzo che Baglietto hanno propulsioni ibride o che comunque puntano molto sull’idrogeno. Avere qui una struttura scientifica o industriale darebbe a tutto questo maggior sentenza”.

 

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