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Un secolo fa, quando nacque la Provincia, Arcola rischiò seriamente di essere annessa al Comune capoluogo

In occasione della ricorrenza del centenario della provincia spezzina Stefano Sgorbini, ex presidente della Provincia della Spezia, propone una nuova ricerca (qui in versione integrale) poco trattata nella narrazione storica che ha descritto la formazione del definitivo assetto territoriale e amministrativo del nuovo capoluogo di provincia.

La ricorrenza del centenario della provincia spezzina è un’occasione per approfondire studi e ricerche sulle vicende che hanno inciso profondamente sulle trasformazioni locali di quel periodo storico. Tra queste , confinate storicamente nell’oblio, abbiamo ricordato in precedente trattazione la battaglia condotta e vinta da un illustre arcolano, il sindaco dell’epoca ing. Carlo Alfredo Bertella, che nel 1926 salvò le acque dei pozzi di Fornola dal rischio di inaridimento e quelle del Golfo dal rischio di interramento, facendo bocciare dal nuovo Consiglio Provinciale, su propria iniziativa, il progetto di deviazione del corso del Vara, a fini idroelettrici, direttamente nel Golfo della Spezia, presentato e sostenuto da poteri forti dell’epoca. Si è già accennato agli strali scaricati dalla politica dominante contro la sua persona e soprattutto contro il comune da lui amministrato, il Comune di Arcola, per la ferma opposizione a tale progetto, come aveva preannunciato il coraggioso Sindaco in seduta pubblica denunciando le minacce ricevute. In questa seconda puntata intendiamo approfondire la ricerca sulle reali motivazioni politiche che sorressero la decisione della profonda trasformazione dell’assetto territoriale ed amministrativo imposta nel 1928 al Comune di Arcola a tutto favore del Comune della Spezia rispetto alla narrazione storica che presentò sempre il taglio del Comune di Arcola come naturale conseguenza di un necessario consolidamento dei confini del nuovo capoluogo di provincia.
Occorre in primo luogo ricordare che prima della formazione della nuova provincia spezzina avvenuta nel 1923 in Liguria esistevano due sole province , Genova ed Imperia e quella di Genova era suddivisa in cinque circondari (enti intermedi), tra cui quello della Spezia. Il circondario della Spezia era a sua volta suddiviso in 4 mandamenti: Spezia, Sarzana, Sesta Godano e Levanto, in qualche misura una suddivisione territoriale tra comuni del Golfo della Spezia, Vallata del Magra, Vallata del Vara e Riviera. Il Comune di Arcola apparteneva, in relazione alla sua estensione marittima e collinare, al mandamento della Spezia sul levante del Golfo.
Tanto per fare un cenno di attualità, se i confini comunali di Arcola fossero rimasti quelli precedenti al pesante taglio del 1928 oggi il Comune parteciperebbe al Palio del Golfo con due borgate, il Muggiano e Fossamastra e nel tempo avrebbe conquistato 7 trofei. Ma questa è solo fantasia. E’ invece verità il fatto che il Comune, al momento dell’annessione di quasi un quarto del suo territorio al comune della Spezia per opera del governo Mussolini , costituiva dal punto di vista produttivo il più rilevante affaccio a mare del Golfo spezzino dopo quello della Spezia.
I più importanti stabilimenti della cantieristica addirittura di livello nazionale erano infatti insediati da quasi mezzo secolo sul suo territorio. A partire dal cantiere Ansaldo S. Giorgio del Muggiano realizzato nel 1886 soprattutto per corrispondere in prospettiva alle necessità navali della Marina Militare e del suo importante Arsenale. Dopo la fusione con quello Fiat nel 1906, raggiunse una superficie di quasi 300.000 mq. garantendo un’occupazione a pieno regime di 4.000 operai e 300 impiegati, disputando all’epoca con quello di Monfalcone il primato dei cantieri d’Italia e forse del Mediterraneo. Seguivano i Cantieri Navali della Spezia, già Cantieri Miglietta, costruiti nel 1919 in tempi record per corrispondere ad un ardito programma d’approvvigionamento diretto degli olii minerali in Italia. Occupavano sino a 1.500 operai. E poi lo stabilimento Pirelli costruito nel 1886/87 per emancipare l’Italia dal monopolio inglese nella fabbricazione dei cavi sottomarini che sorgeva a S. Bartolmeo su un’area di circa 8.000 mq. Senza scordare il cantiere militare di S.Bartolomeo integrato funzionalmente con l’Arsenale Militare per scopi navali di costruzione ed alaggio ma poi destinato ad uso di lavorazioni di materiali da guerra. Il panorama industriale nell’area si estendeva poi ad una delle maggiori manifatture tessili italiani, lo Jutificio Montedison, costruito nel 1907 in località Stagnoni per la lavorazione dei filati, delle tele e dei sacchi di juta, con oltre 30.000 mq di fabbricati ed una mano d’opera, prevalentemente femminile, di circa 1.500 addetti, per i quali erano state costruite anche case operaie all’interno del borgo di Fossamastra.
E non solo industria: a Fossamastra e S. Bartolomeo erano presenti i più organizzati e frequentati stabilimenti balneari del Golfo, dal più antico Selene del 1906, all’Iride del 1908, al Nettuno del 1922 sino all’Helios realizzato nel 1929 un anno dopo il passaggio di Fossamastra al Comune della Spezia.
La dimensione produttiva ed occupazionale di quest’area distingueva dunque il Comune di Arcola nel panorama industriale e dei servizi rispetto sull’intero Golfo così come la struttura residenziale che caratterizzava le borgate marinare ed i centri contigui e collinari, in particolare quello più popoloso di Pitelli, costituiva una rilevante fonte di entrata per il comune medesimo che si collocava al censimento del 1921 come il secondo comune della futura provincia con 13.421 abitanti avanti a Sarzana che ne contava allora 13.289.
La decisione del Governo Nazionale di mutilare questo Comune a tutto vantaggio del nuovo comune Capoluogo fu presa su proposta del Podestà della Spezia ed appoggiata dai gruppi dirigenti dell’economia e del fascismo provinciale. Si trattò di una prepotente affermazione del Comune della Spezia, volutamente sproporzionata rispetto alla necessità di ridisegnare confini adeguati del nuovo capoluogo, le cui vere ragioni risiedevano soprattutto nel controllo del territorio e delle pertinenze industriali di Muggiano, Pagliari, Fossamastra e San Bartolomeo.
Ma anche una chiara lezione agli oppositori interni del regime, come fu il podestà di Arcola, che pagò un prezzo altissimo per essersi schierato nel consiglio provinciale di cui faceva parte in difesa di interessi vitali di intere comunità rispetto ad interessi economici poco trasparenti di importanti gruppi industriali.
Prova ne fu che all’incongrua proposta avanzata dal Podestà spezzino il podestà di Arcola contropropose una revisione dei confini misurata fisicamente sul Viale S.Bartolomeo e ristretta alla borgata di Fossamastra o, in alternativa, addirittura l’annessione al Comune capoluogo dell’intero comune di Arcola, per non impoverire in misura irreversibile il restante territorio comunale, mutilato dalla richiesta di oltre il 25% del territorio e di quasi il 50% della popolazione.
Il rigetto di queste proposte e soprattutto della seconda che avrebbe addirittura ampliato il comune capoluogo sino alle sponde della Magra, mostra la volontà punitiva dei proponenti locali e del decisore politico nazionale, mirata a trasformare Arcola da comune industriale del Golfo in forte sviluppo economico, demografico ed occupazionale a zona rurale e depressa della Valle del Magra, che inizierà lentamente a riprendersi solo dopo il secondo conflitto mondiale attraverso politiche di sviluppo industriale avviate nella piana del Magra.

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