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Una storia spezzina

La lunga marcia verso la provincia

Lunigiana, terra che fu una di lingua, d’altare e tutto quel che segue

Parte uno

Lunigiana

C’è una regione che pure ai bei tempi fu protagonista di una storia gloriosa ma che non trovi disegnata sulla carta geografica, sparse le sue componenti fra Emilia, Liguria, Toscana. Storicamente determinata in virtù dei lombi nobili che vanta ma desolatamente assente dalle carte politiche dell’Italia appese sui muri delle aule scolastiche.

Quella terra fu una di lingua, d’altare e tutto quel che segue a cui aggiungo di economia che fra tutti gli elementi è forse quello che maggiormente fonde anche se talvolta può pure dividere. L’unità la perse presto, vasetto di coccio in un mondo di recipienti di ferro. Ancora ai tempi preunitari i suoi lacerti se li spartivano i Cybo di Massa, i Lorena di Toscana, gli Este di Ferrara e quei di Modena, i Farnese di Parma e chi dopo loro venne, i Savoia sardo-piemontesi. Uno spezzatino.

Sto parlando, già s’è inteso, di Lunigiana, la Grande Madre di cui nell’800 tanto si avvertiva la mancanza che era desiderio ben diffuso farla tornare alla luce: per affetto filiale, per ideologia, per sentimento ma anche, a mio avviso soprattutto, perché è meglio amministrarsi da soli che essere governati da altri.

Lunigiana

L’autonomia è gran bella cosa ma non la ritrovi nella calza della Befana. Va conquistata, parola che può suggerire l’idea che occorra impugnare le armi per raggiungere lo scopo e a volte è l’unica opzione disponibile, vedasi Unità d’Italia.

Ma si può combattere anche se non scorre il sangue, un prezzo tanto alto da pensarci su bene se pagarlo ne valga la candela. Si possono battere anche altre strade, ugualmente complicate ma meno cruente.

Così per ricostituire l’unità persa si partì dalla denunzia dello stato miserevole in cui versavano le parecchie genti delle terre lunigianesi. Erano costrette all’emigrazione, a nutrirsi in mancanza di pane delle erbe prese a casaccio nei campi, cibo raccogliticcio che causava dissenterie non di rado letali. Mortalità infantile elevata, istruzione pressoché nulla, esistenza condotta fra angustie e ristrettezze.

Era il tipo di vita cui erano costretti i tanti che abitavano i piani più bassi della piramide sociale, ma colà dove si puoteva non fu prestata soverchia attenzione ai conterranei meno fortunati.

Sorse così una corrente di pensiero e poi un movimento per riunire l’antica e nobile landa anche a costo di stravolgimenti territoriali. Il progetto attira diverse simpatie ma è perdente: al pari di ogni cosa che disturbando l’ordine costituito genera rifiuti perché intacca interessi consolidati.

Tuttavia, dal movimento pro Lunigiana si fa strada l’idea di Spezia capoluogo di Provincia per ricostituire l’identità perduta.

PS: Da questa fino a settembre, l’articolo della prima domenica di ogni mese sarà dedicato all’istituzione della Provincia della Spezia che risale al 2 settembre di cent’anni fa.

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