La Spezia rischia di perdere il proprio corso di laurea triennale in fisioterapia. Non c’è ancora l’ufficialità, ma delle quattro sedi liguri – le altre sono Chiavari, Pietra Ligure e Genova – proprio quella spezzina sarebbe quella sacrificata sull’altare del taglio delle spese. Lo rivela il consigliere regionale spezzino Davide Natale, che ieri ha depositato un’interrogazione per ottenere delucidazioni in merito dalla giunta Toti. “La situazione è grave: mi risulta il Consiglio del dipartimento di neuroscienze, riabilitazione, oftalmologia, genetica e scienze materno-infantili si sia già riunito e la decisione pare ormai aggiunta“, l’allarme del consigliere del Partito Democratico.
Il corso, che si tiene al polo del Felettino, ha sfornato decine di professionisti in questi anni, con una percentuale di occupati del 95% ad un anno dalla laurea a livello italiano. A Levante, Chiavari rimarrebbe attiva nonostante la presenza della vicina Genova. Anche Pietra Ligure sarebbe salva. Solo La Spezia verrebbe cancellata.
“Perdere il nostro presidio sarebbe un disastro – dice Natale -. Il corso di laurea in fisioterapia è una delle eccellenze del territorio spezzino. Pensare di rinunciarvi, in tempi in cui la sanità pubblica è soggetta a continui attacchi, sarebbe una nuova ferita per tutta la provincia“.
Natale ricorda come il corso rappresenti “un’importante risorsa lavorativa per i giovani spezzini e per quelli delle zone limitrofe”. I quali sarebbero probabilmente costretti a fare i pendolari con il Tigullio oppure con la vicina Toscana. “Maggiori costi a carico delle famiglie e, contemporaneamente, un danno sul piano economico per la città che oggi ospita gli studenti fuori sede”.
Già nel marzo del 2020 il consiglio regionale all’unanimità aveva approvato un documento che chiedeva alla giunta di mettere in campo qualsiasi iniziativa che poteva impedire la chiusura del corso di laurea, anche pensando ad interventi di natura economica. Non è infatti la prima volta che si parla di tagliare il polo spezzino.
“La scelta di aumentare le ore di insegnamento ai professori universitari a scapito di quelle dei dipendenti del Sistema sanitario nazionale ha comportato un aumento dei costi – spiega Natale -. Non è chiaro l’obiettivo, in quanto le modalità di insegnamento precedente erano molto apprezzate. Permettevano una trasmissione delle conoscenze sia dal punto di vista teorico che da quello pratico, indispensabile all’esercizio della professione. Inoltre quelle ore erano retribuite dall’ASL 5, sgravando di molti costi l’Università. È necessario che la Regione intervenga per allontanare ancora una volta queste nubi, per fare capire che questo corso di laurea ha radici solide e che non basta la necessità di contenere di qualche decimale la spesa dell’università per sradicarlo dal nostro territorio”.