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La lettera dell'ordine professionale infermieri

Aggressioni al personale ospedialiero, per l’Opi il fenomeno è in aumento e ricade su di tutti

Infermiere

Le recenti aggressioni al personale ospedaliero hanno spinto l’Ordine professionale infermieri a intervenire nuovamente sul tema. In una nota l’Opi ricorda quanto, il fenomeno sia “antipatico” e le difficoltà del personale nonostante il Covid sia meno letale ma sempre  presente. “L’estate ha riproposto – si legge in una nota -, contro le più rosee previsioni, il problema del Covid (certo molto meno letale, ma sempre assai contagioso) e che vede i professionisti sanitari alle prese -come tutti – con un clima molto difficile da reggere, anche in queste ore dobbiamo annotare tre aggressioni ad infermiere spezzine. Gli infermieri: anche se oggi questa professione è la prima in termini di certezze di impiego (assicura un posto di lavoro in misura superiore all’84% dopo un anno dalla laurea, dati dal XXIV rapporto annuale 2022 di AlmaLaurea), risultano sempre meno frequentati i corsi di laurea, e sempre meno attrattiva la professione. Perché? Per le molte promesse mancate della politica e dei contratti dopo la ”stagione degli eroi” (in ordine sparso: stipendi, esclusività, sviluppi di carriera e riconoscimento specializzazioni, pensioni anticipate per i turnisti, ecc), e perché aumentano le aggressioni in servizio”.

Nella lettera dell’Opi si legge: “Fenomeno veramente antipatico, che ha visto nelle ultime ore due aggressioni in pronto soccorso alla Spezia, su due diverse professioniste, a cura della stessa signora che ha messo fuori uso -per almeno due settimane- una delle infermiere aggredite; mentre in una degenza medica sarzanese l’aggressione è stata ”solo” verbale, e accompagnata da scritte sciocche fuori dal reparto, che non riproduciamo perché ci sembra che questi gesti non meritino di rilanciare la ”impresa” nei dettagli.

Ora, non vi sono dubbi che in certi momenti la situazione è molto difficile per l’utenza e per i familiari: delle lunghe attese ai pronto soccorsi se ne discute da anni, e non si trova un valido rimedio; del resto, se uno non sa più dove andare, o non sa dove rivolgersi, in un Paese che ha rinunciato a molte cose ”normali”, diventa ”normale” (purtroppo) che si finisca al pronto soccorso, anche per questioni non urgenti.

Ma a quel punto si dovrebbe accettare che i tempi di attesa si possono dilatare anche di molto, e questo non dipende dal personale sanitario che ci lavora!

Se in corsia ci sono limitazioni alle visite per il covid, o se esistono limitazioni legate a una situazione molto difficile perché i posti letto non sono infiniti, proprio come le risorse umane; mentre – tornando allo Spezzino- teniamo aperti tre ospedali, e implementiamo le attività territoriali, quando il personale sanitario tutto basterebbe a malapena per un ospedale e mezzo, è chiaro che si sviluppano attese, ritardi, disservizi che coinvolgono tutti.

Coinvolgono gli utenti, i loro familiari, e coinvolgono chi ci lavora: che si trova a vivere difficoltà analoghe a quelle di chi in ospedale ci va perchè ha bisogno.

Non si capisce il motivo delle aggressioni (casi di agitazione psicomotoria a parte): se si ritiene di essere stati maltrattati (capita, è capitato, può capitare, e certamente non va bene) si possono scegliere molte strade previste per ottenere chiarimenti e rivalse, se si ha ragione: certamente, anche il meno astuto dovrebbe capire che chi picchia o insulta chi sta lavorando passa immediatamente dalla parte del torto, e -anche se non tutti lo sanno- una legge recentissima (la numero 113 del 2020) ha implementato le sanzioni, incluso il carcere, per chi colpisce un professionista sanitario in servizio”.

“Ancora una volta invitiamo tutti a non perdere la calma, e a non creare situazioni che di certo non possono risolvere il problema, non aiutano nessuno, e aumentano la complessità del momento, senza dubbio alcuno – concludono dall’Opi -. Per tutti gli infermieri iscritti al nostro Ordine ricordiamo che resta valida la nostra offerta di assistenza, anche legale, nei casi di aggressione in servizio, con i necessari passaggi e documentazione previsti in questi casi”.

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