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Tre fasi difficili dell'emergenza

“Non dimenticheremo mai i cadaveri portati via nei sacchi neri, i vaccini hanno reso i pazienti meno fragili”

Dalla cerimonia dell'anniversario di fondazione della Polizia di Stato emergono le testimonianze di un medico e di un'infermiera: "Siamo stati spesso aggrediti, insultati e voi siete stati la nostra protezione e per questo vi ringraziamo. Ci hanno chiamati eroi, ma abbiamo fatto solo il nostro lavoro".

Paura, amarezza e sconforto. Parole difficili ma che mostrano un’altra faccia della pandemia, quella lontana dai ringraziamenti e scandita dal duro lavoro delle Forze dell’ordine e del personale sanitario svolto con dedizione negli ultimi due anni con l’avvento del Covid. Testimonianze forti che arrivano dalla celebrazione del 170esimo anniversario della Polizia di Stato, tenutosi questa mattina alla ex Fitram. Parole affidate a Maria Luigia Siriani medico  del Pronto soccorso, Medicina d’Urgenza del Sant’Andrea e Samantha Di Marco coordinatrice infermieristica di Rianimazione e dell’Hub vaccinale dell’Asl 5

La prima testimonianza è della dottoressa Siriani :”Abbiamo vissuto l’Emergenza in tre fasi: paura, amarezza e sconforto. La vicinanza delle Forze dell’ordine non è mai mancata, ma la pandemia ci ha stravolti. Abbiamo dovuto affrontare un nemico invisibile dagli effetti devastanti. Abbiamo dovuto disimparare tutto quello che avevamo acquisito nel trattamento dei pazienti azzerando ogni contatto umano”.

“Abbiamo dovuto dare alle famiglie, spesso, notizie infauste. Non dimenticheremo mai i cadaveri portati via nei sacchi neri- ha proseguito nella sua testimonianza – . Abbiamo dovuto dire alle famiglie notizie infauste. Non dimenticheremo mai in sacchi neri dei cadaveri. Abbiamo sostenuto turni da 12 ore consapevoli che ci saremmo potuti infettare.  La vestizione, la svestizione erano il nostro incubo. Le associazioni ci hanno fatto sentire amati donandoci i dispositivi di protezione. Restavamo riconoscibili, sotto alle tute e alle maschere, dai nomi che avevamo sulle tute. Ogni giorno, ci chiedevamo in maniera quasi ossessiva, se avessimo fatto la vestizione e la svestizione in maniera corretta”.

Tornavamo a casa piangendo –  ha raccontato – senza poterlo dire ai nostri familiari. Le nostre giornate sono state scanditi da ‘percorsi sporchi’, ‘percorsi puliti’. Quando siamo stati chiamati eroi eravamo increduli. Siamo medici, infermieri, oss che hanno fatto il proprio lavoro“.

La fase dell’amarezza è arrivata quando: “Siamo stati additati come untori e persone che ne facevano morire altre. L’amarezza aumentava quando abbiamo visto persone che rifiutavano il tampone perché non volevano entrare nelle statistiche Covid. Veniva detto che le immagini trasmesse dai media erano una montatura. Noi però, purtroppo, eravamo quelle immagini”.

Lo sconforto è l’aggressività nei confronti del personale sanitario: “La pandemia un’esperienza da non ripetere. Abbiamo investito nella campagna vaccinale perché abbiamo ancora negli occhi le persone che morivano da sole. Noi siamo sempre più sotto pressione, stiamo subendo l’aggressività sia verbale che fisica da parte delle persone. La presenza delle forze dell’ordine ci garantisce l’incolumità ed è prezioso. Per questo vi diciamo grazie. Per quanto siamo sconfortati, stanchi noi medici e infermieri di Pronto soccorso ci saremo sempre per chiunque avrà bisogno”.

A questa testimonianza è seguita quella di Samantha Di Marco coordinatrice infermieristica di Rianimazione e dell’Hub vaccinale dell’Asl 5: “Usciamo da questi anni stravolti. Il Covid ci ha costretti ad agire con il dolore e a chiudere degli spazi un tempo aperti alle famiglie. Questo aspetto è stato pesantissimo, perché nessuno dovrebbe morire in solitudine. La campagna vaccinale è stata importantissima perché ha reso i pazienti meno fragili. Quando uscivano dai nostri turni vedevamo una città deserta, un incubo dal quale stiamo riuscendo a uscire proprio grazie  alla partenza della campagna vaccinale. Siamo stati spesso aggrediti, insultati e voi (Forze dell’ordine e Polizia di Stato, NdR) siete stati la nostra protezione e per questo vi ringraziamo. Sappiamo che ci siete e ci sarete sempre, in un Paese come questo dove sappiamo che la quotidianità che conoscevamo prima è ancora lontana”.

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