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Recensione di eva di palma

“In ‘Come volete voi’ Erba è megafono dei nostri pensieri, lì siamo umani liberi di sbagliare”

La presentazione di "Come volete voi"

Dopo le presentazioni andate in scena nelle scorse settimane, continua a rimanere alta l’attenzione sul romanzo “Come volete voi” (Edizioni Giovane Holden), prima fatica letteraria di Luca Erba, consigliere comunale Pd e general manager del Gruppo Valdettaro. Questa volta è il turno della recensione di Eva Di Palma, avvocato e divoratrice di libri, che nell’ultima occasione pubblica presso l’osteria Bacchus ha letto alcuni brani del volume.

“Tanti i concetti nello stream of consciousness senza soluzione di continuità che contraddistingue questa storia, in cui i personaggi si delineano ai nostri occhi grazie all’alterità, all’altro-da-sé, che ci consente di vedere riflesso in loro i confini di noi stessi, della nostra identità. Anche la costruzione di queste vite è, quindi, “come vogliamo noi”, perché siamo noi lettori i protagonisti imprescindibili, allievi pirandelliani, attenti ascoltatori che ritroviamo in quelle pagine il portato delle nostre esistenze. È la nostra Weltanschauung il vero scrittore, come se Luca (e con lui le sue creature Antonio, Oscar, Fabrizio, Amalia, Vasco e i tanti altri personaggi dai tratti talvolta onirici ed evanescenti) fosse megafono di quel che noi gli vogliamo far dire, in un ritmo scandito da tempi tipicamente teatrali.
Sarebbe oltremodo fuorviante e riduttivo, dunque, ripercorrere i molteplici postulati che accompagnano la narrazione.
C’è chi, come me, vi ha ritrovato Simon de Beauvoir e l’indecisa virilità come primo nemico delle donne (e degli uomini); la notte del Getsemani e la sua meravigliosa fallibilità tutta umana, il buco nella rete, la maglia rotta che non tiene, il calcolo che non sa tornare, in un’espressione “l’umano nell’uomo” tanto caro a Vasilij Grossman; di qui il tradimento, che, come è stato ricordato, altro non è se non la consegna, forse al nemico, forse al buio e all’incertezza, ma che poi, in fondo, è anche un “portare con sé”; c’è l’esistenzialismo e il problema filosofico principe del dare indietro il biglietto del treno della storia, come Hannah Arendt ci ha insegnato, o fare i conti con l’assurdo quotidiano, per sopravvivere al quale abbiamo bisogno della forza creatrice ed inesauribile della rivolta, di una nostra Bastiglia da assaltare per far divampare l’incendio.
Ecco, l’uomo in rivolta di Camus (che ho visto tornare tante volte tra le pagine del libro) mi ha accompagnato verso una riflessione inevitabile per chi si approccia a questa lettura: il rapporto tra regola e ribellione, che è molto più del banale equilibrio – ormai abusato – tra legge e giustizia e che si ricollega alla scelta tragica, quindi sempre sbagliata e inevitabilmente portatrice di responsabilità personale. Scelta, dunque, mai obbligata, dall’Antigone e giù fino al delinearsi di un libero arbitrio su cui abbiamo costruito parte preponderante del nostro sistema valoriale.
Tutti vogliamo essere liberi, tutti chiediamo libertà. Tenendo ben presente, però, che “libertas” in latino ed eleutherìa in greco sono parole che risalgono a un’antica radice comune indoeuropea *leudhero-, ovvero «colui che può appartenere a un popolo».
La libertà è, da sempre, la condizione dell’uomo privo di vincoli fin dalla nascita (come ci ricorda Luca, chi è schiavo del contingente, il “miserabile, non può dirsi libero).
Solo l’uomo libero può spiritualmente scegliere di appartenere a un’entità superiore, che supera il singolo individuo – la fede in un dio, qualunque esso sia, o uno Stato o altro.
È la volontà di essere liberi e non più servi, il motore di ogni storia, anche di quella degli attori (così mi piace chiamarli) di “Come volete voi”.
È per la pretesa di libertà che l’uomo ha deciso di unirsi ad altri uomini, perché “si è liberi solo se insieme a qualcuno o a qualcosa più grande di noi”, come ci ha ricordato Andrea Marcolongo in uno dei suoi preziosi frutti letterari.
Tutti reclamiamo a gran voce la “libertà”, come se ciò ci consenta automaticamente di poter lottare contro chi ci impedisce di scegliere cosa fare. Ma “libertà” è qualcosa di più. Essere liberi è una grande responsabilità, che va oltre le braccia urlanti nelle piazze. Essere liberi significa non solo avere un diritto da esercitare, ma anche un dovere da assolvere, il dovere principale dell’esistenza tutta, quello di scegliere, di scegliere la direzione del nostro agire e sopportarne la responsabilità. Tutti vogliamo essere “liberi da”, ma nel momento esatto in cui lo diventiamo siamo tenuti a “scegliere di”, con tutta la sua dignità, con misura, con il “niente di troppo” di cui ci è giunto il monito dell’oracolo di Delfi.
La libertà, quindi, come concetto profondamente umano, dunque politico. Con tutta la fallibilità tipicamente umana che ci contraddistingue. Insomma… come vogliamo noi”.

EVA DI PALMA

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